I tennisti e il conto in banca: la storia di Negal e un vulnus da sanare

Il tema è serio, e negli ultimi mesi ha fatto molto discutere. Ci riferiamo alla situazione economica dei tennisti non di primissima fascia. Quelli posizionati dalla piazza numero 100 in poi, per intenderci. Bene, anzi non tanto: in questi giorni è diventata ‘virale’ un’intervista rilasciata da Sumit Nagal, giocatore indiano che nel 2023 è tornato a buoni livelli vincendo due titoli Challenger su tre finale disputate.

Intervenuto ai microfoni di Press Trust of India, il 26enne ha spiegato che, nonostante i buoni risultati ottenuti nel corso della stagione, sta vivendo una situazione finanziaria abbastanza complicata: “Ho solo 900 euro nel mio conto in banca. Da quando il mio ranking è sceso a causa dell’infortunio sento come se nessuno credesse più in me. Nessuno pensa che io possa tornare a certi livelli. Onestamente, non so cosa fare, ci ho rinunciato”.

Una storia che ha fatto molto scalpore, ma che in realtà rappresenta – purtroppo – la normalità per chi ben conosce le dinamiche del tennis cadetto. Sponsor che latitano, o che scappano in caso di acciacco; coach e preparatori da pagare; viaggi aerei; alberghi; ristoranti; addirittura trasferimenti ai campi, spesso. Non è il primo e non è l’ultimo racconto che sentiremo riguardo la travagliata quotidianità dei “non top player”.

Per correre ai ripari, lo scorso anno l’Atp ha deciso di fare una riforma che avrebbe dovuto parzialmente risolvere il problema: dal 2023 il montepremi totale del circuito Challenger è stato alzato da 13,2 a 21,1 milioni di dollari. Ed è stata inoltre migliorata la redistribuzione dei compensi per quanto riguarda i primi turni, proprio al fine di sostenere il maggior numero di tennisti impegnati in questo tipo di tornei. Semplicemente non basta. Per fortuna, però, anche i vertici del tennis maschile se ne sono accorti

‘Baseline’, l’ultimo provvedimento è la luce in fondo al tunnel?

Gaudenzi rivela: ecco il tennis del futuro
Foto Atp Tour

Già, se ne sono accorti e pertanto sta per arrivare un nuovo provvedimento: “Baseline“, nato su proposta della famosa PTPA (Professional Tennis Players Association) fondata da Novak Djokovic, il quale oltre ad essere un campione si è sempre battuto per gli interessi dei colleghi ‘più sfortunati’.

Baseline consiste in un salario minimo annuo per i primi 250 tennisti al mondo. I primi 100 si vedranno corrispondere 300 mila dollari, chi invece gravita tra la posizione 101 e 175 vedrà erogarsi 175 mila dollari. Infine, per coloro che sono piazzati tra la numero 176 e la numero 250 sono previsti 75 mila dollari. C’è da dire che si tratta comunque di un’integrazione (chi andrà oltre i guadagni previsti non ne avrà diritto), ma rispetto al passato rappresenta un grandissimo passo in avanti. E non è l’unica iniziativa buona e giusta presa dall’Atp guidata da Andrea Gaudenzi.

L’associazione, infatti, ha deciso di prendersi cura anche dei giocatori che, causa infortunio, saranno costretti a fermarsi ai box: chi parteciperà a meno di nove tornei (tra Atp e Challenger) potrà beneficiare, a seconda della fasci di appartenenza, di un sussidio da 200mila dollari, 100mila dollari e 50mila dollari. Infine, l’Atp ha avuto un’idea interessante in ottica giovani leve: coloro che sono situati in top-125 potranno richiedere una sorta di prestito da 200 mila euro che dovranno poi restituire in base ai montepremi guadagnati.

Tutto ciò di cui vi abbiamo parlato sarà effettivo a partire dal 2024 e verrà sperimentato per tre stagioni. “Siamo felici di poter introdurre Baseline. L’iniziativa costituisce un cambio radicale nel sistema in cui vengono gestite le finanze dei giocatori. Ed è solo l’inizio: la nostra ambizione è di ampliarla nei prossimi anni”, ha dichiarato Gaudenzi, presentando le varie novità in arrivo. Insomma, i buoni propositi ci sono e la luce in fondo al tunnel sembrerebbe più vicina. Per capire quanto vicina, non ci resta che attendere un po’ di tempo.

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