Il caso Clostebol a tormentare Jannik Sinner. E nelle ultime ore è arrivata una ‘sentenza’ che parla molto chiaro…
Jannik Sinner ha iniziato il 2025 inanellando l’ennesimo successo della sua giovane carriera. Reduce da un 2024 semplicemente straordinario, il 23enne tennista altoatesino ha bagnato il suo esordio stagionale rendendosi protagonista di una cavalcata implacabile sul cemento di Melbourne. Qui si è laureato campione dell’Australian Open per la seconda volta consecutiva, assicurandosi la permanenza in vetta alla classifica mondiale ancora per molto tempo.

Prossimamente l’azzurro, dopo aver riposato qualche settimana, tornerà a giocare disputando l’Atp 500 di Doha (17-22 febbraio) e i Masters 1000 di Indian Wells e Miami (2-16 marzo e 19-30 marzo), per poi cimentarsi nella parentesi sulla terra battuta europea. Il suo focus è rivolto al campo, ma inevitabilmente però Jannik è costretto a fare i conti con lo spettro di una possibile squalifica.
Come noto, infatti, il TAS sta esaminando il ricorso della Wada contro l’assoluzione del tirolese (pronunciata da un tribunale indipendente dell’ITIA) nel cosiddetto “caso Clostebol”. La richiesta dell’Agenzia Mondiale Anti-doping è di un periodo di ineleggibilità (sospensione) dalla durata compresa tra 1 e 2 anni. La sentenza in merito, come comunicato dallo stesso Tribunale Arbitrale dello Sport, è prevista tra il 16 e il 17 aprile.
Caso Clostebol, il parere esperto sulla possibile squalifica di Sinner
Cosa filtra ad oggi riguardo le sorti di Sinner? Fino a qualche tempo fa, si riteneva che il leader del ranking Atp difficilmente potesse essere squalificato. Ma col passare dei mesi tale ottimismo sta sempre di più lasciando spazio all’apprensione. Questo anche perché tanti esperti interpellati sulla vicenda non escludono che – considerata la specificità della situazione – la Wada possa effettivamente riuscire a dimostrare che ci sia stata “negligenza significativa” da parte del numero uno nostrano. Su tale aspetto si è soffermata la Ceo dell’Itia, Karen Moorhouse, ai microfoni Tennis365.

“Se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una sanzione è di quattro anni. Se riesci a dimostrare che l’assunzione non è stata intenzionale, la pena si riduce a due anni. Se invece riesci a dimostrare che non c’è stata colpa, allora non c’è alcuna sanzione”, ha esordito Moorhouse.
Nel mezzo, però, esiste anche la “negligenza significativa” citata poc’anzi. Se si rientra in tale fattispecie, la pena prevista va appunto da uno a massimo di due anni di squalifica. “Le regole sono le stesse per tutti. Ogni caso è unico e va valutato nei suoi dettagli. Non è corretto fare confronti leggendo solo i titoli, perché la parte fondamentale è sempre nei dettagli”, sottolinea Moorhouse, facendo riferimento al paragone spesso proposto dai media tra la situazione di Sinner e quelle di Simona Halep e Iga Swiatek.
Sinner, Halep e Swiatek: le differenze tra i casi
Dopodiché, la dirigente è entrata nel merito della questione: “Nel caso di Halep, il tribunale del Tas ha stabilito che il suo integratore di collagene era contaminato. Di conseguenza, le è stata inflitta una squalifica di nove mesi. Per Swiatek, invece, il prodotto contaminato era un medicinale regolamentato, e questo ha giocato a suo favore: non era irragionevole per lei pensare che un farmaco contenesse esattamente gli ingredienti riportati sull’etichetta. Per questo, il livello di colpa che le è stato attribuito è stato il più basso possibile”.
Purtroppo, per l’altoatesino le cose stanno diversamente. “Qui non si parla di un prodotto contaminato. La crema utilizzata dal suo team non era alterata: conteneva esattamente ciò che era scritto sull’etichetta. Questa è la grande differenza rispetto ai casi di Halep e Swiatek. Non essendoci contaminazione, il range di sanzione possibile per Sinner parte da un minimo di un anno“, ha spiegato Moorhouse.
Staremo a vedere come andrà a finire. Messa così, il rischio di una sospensione per la punta di diamante del tennis italiano è davvero altissimo. Certo è, però, che andranno valutati anche numerosi altri fattori, tra cui la quantità infinitesimale di sostanza riscontrata nelle urine di Jannik e la sua piena collaborazione sin dal principio.