La WADA (World Anti-Doping Agency) è nel caos. Dopo l’appello al TAS di Losanna per il caso Clostebol legato a Jannik Sinner, l’agenzia internazionale, secondo le parole del direttore generale Oliver Niggli, sembrerebbe aprire al micro-dosaggio per scagionare gli atleti contaminati.
Negli ultimi mesi la WADA è finita prepotentemente nelle cronache relative al mondo del tennis. Prima nel caso Clostebol legato a Sinner e, nelle ultime ore, anche per la Trimetazidina trovata in un test svolto da Iga Swiatek al Wta1000 di Cincinnati. Entrambi gli atleti non hanno ricevuto alcun tipo di beneficio nelle prestazioni sportive e sono entrati in contatto con la sostanza dopante per contaminazione.
L’azzurro è stato contaminato dalle mani dell’ex fisioterapista Giacomo Naldi che, durante un intervento, ha infettato il tennista con una ferita alla mano curata con un medicinale contenente Clostebol. La polacca, invece, ingerendo pasticche di melatonina per dormire dopo le Olimpiadi è entrata in contatto con la sostanza presente in esse.
La percentuale di doping trovata negli atleti si annovera tra i miliardesimi e, come detto, non apporta alcun tipo di beneficio sportivo. In molti, allora, si chiederanno per quale motivo vengono prese in esame questo genere di positività.
Una domanda che, nelle scorse ore, si è fatto anche il direttore generale della WADA Niggli, che ha aperto alla questione dei micro-dosaggi.
“Oggi esiste un problema di contaminazione. Questo non significa che ci siano più casi del genere rispetto al passato, il fatto è che i laboratori sono più efficienti nel rilevare anche quantità infinitesimali di sostanza. Le quantità sono così piccole che ci si può contaminare facendo cose innocue. La verità è che sentiamo un sacco di storie e capisco l’opinione pubblica che può arrivare a pensare che assumiamo di tutto.
Con delle soglie non avremmo visto tutti questi casi. Quello che dobbiamo comprendere è se siamo pronti ad accettare il micro-dosaggio e dove sia giusto fermarsi. Proprio per questo tipo di riflessioni verrà creato un tavolo di lavoro”.
Parole giuste, ma che fanno riflettere sulle azioni fatte dalla WADA. Perché procedere con un appello se questo è il pensiero di una delle più alte cariche dell’agenzia?
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