Rafael Nadal ha rilasciato una bellissima intervista con AS all’indomani della partecipazione al Six Kings Slam di Riyadh. Lo spagnolo ha parlato dei momenti più belli vissuti nella propria carriera professionistica e delle rivalità con Roger Federer e Novak Djokovic.
Le emozioni di Rafa
Purtroppo, siamo quasi arrivati al punto del non ritorno. Nadal appenderà ufficialmente la racchetta al chiodo tra circa un mese al termine delle Finals8 di Coppa Davis che si disputeranno a Malaga. Sarà come la chiusura di un cerchio da dove tutto era iniziato: la vittoria della Coppa Davis con la sua Spagna nel 2004, una delle più grandi soddisfazioni dello spagnolo nella sua gloriosa carriera.
“Era da un po’ che non mi aspettavo molto perché ci si rende conto di quanto tutto sia difficile e non credo ai finali dei film. Quasi nessuno ha dei finali cinematografici perché è molto difficile averli nello sport, a meno che non si tratti di persone che arrivano davvero al punto in cui sono in salute e possono vincere, ma non amano più quello che fanno.
Lì, poi, potrai ritirarti vincendo. Quando hai passione per quello che fai, è molto difficile andare in pensione essendo al cento per cento e vincendo. Spero solo di essere abbastanza sano e pronto per godermi il momento e cercare di aiutare la squadra.
Nel 2004, in Davis, ho avuto la mia prima grande gioia da tennista professionista. Finire ancora nella fase finale della Coppa, per me è un bel percorso. Spero che possa concludersi positivamente, a prescindere dal fatto che giochi o meno”.
Le rivalità che hanno fatto la storia
Rafa non poteva chiudere l’intervista senza dedicare parole al miele ai suoi due più grandi rivali di sempre: Federer e Djokovic.
“Djokovic è il giocatore che ho affrontato di più, ma per me il mio più grande rivale è stato Federer. Perché, quando sono arrivato nel circuito c’era Federer ed è stato il primo. Negli anni in cui ero al massimo della mia carriera sotto ogni aspetto, c’erano Roger e Novak. Nei primi, che sono quelli che ti segnano in modo particolare, Roger c’era sempre. Penso, e non so perché, che la mia rivalità con entrambi sia stata più intensa di quella che avevano tra loro.
Non conosco il motivo esatto, ma sento che è così che il mondo lo percepisce. Bisognerebbe trovarne il motivo. Con Roger sono chiaro che è perché c’era un contrasto molto pronunciato negli stili e nei modi di vedere e avvicinarsi allo sport. Con Novak, ovviamente, è stata una sfida incredibile.
Alla fine, è un giocatore che è riuscito a mantenere un livello di gioco molto alto e a migliorare ogni anno. I numeri dicono che è il migliore, per questo anche il suo livello tennistico è stato il migliore e, inoltre, è quello che è riuscito a stare più lontano dagli infortuni. Quando non hai limitazioni o infortuni importanti che durano nel tempo, non solo ti tocca a livello fisico e ti dà opzioni per vincere, ma genera anche a livello mentale un’assenza di paura, né di infortunarti, né di scivolare quando raggiunge una palla su un campo duro.
Djokovic corre su un campo in cemento e scivola di qua, di là, proprio come fa Carlos oggi. Perché non hanno ancora paura di farlo e possono farlo. L’ho fatto all’inizio della mia carriera, ma ovviamente, quando le cose succedono, non puoi farlo; quindi, ci sono dei limiti che emergono lungo il percorso e devi cercare scorciatoie per rimanere competitivo in altri modi. Ciò ha permesso a Novak di mantenere più a lungo il suo livello fisico, tennistico e mentale. Non è una scusa, grazie a questo è il migliore e se lo è davvero guadagnato”.
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