Sta facendo discutere tutti la decisione della WADA (World Anti-Doping Agency) di fare ricorso all’assoluzione di Jannik Sinner per il caso doping scoppiato questa estate. Adriano Panatta, alla Domenica Sportiva, ha commentato la vicenda, tirando in ballo questioni politiche.
Le parole di Panatta
Sembra non volersi chiudere il caso doping attorno al numero 1 del mondo Sinner. Nonostante il riconoscimento di non colpevolezza da parte dell’ITIA e di un tribunale indipendente, la WADA nelle scorse ore ha deciso di procedere con un ulteriore ricorso per la mancata squalifica.
L’organo internazionale, infatti, non vuole certificare la consapevolezza dell’assunzione della sostanza dopante o i miglioramenti nelle prestazioni, ma la negligenza dell’atleta. Secondo la WADA, infatti, Sinner doveva essere a conoscenza di tutto ciò che compone le creme o gli unguenti che gli vengono somministrati durante i trattamenti fisioterapici.
Una cosa folle, come ribadito nelle scorse ore anche da Martina Navratilova e Carlos Alcaraz. A fare da coro ai due campioni, ci ha pensato Panatta. Il vincitore del Roland Garros 1976, infatti, ha tuonato pesanti accuse verso l’organo internazionale, tirando in ballo questioni politiche.
“La WADA ha tutto il diritto di fare ricorso, ma nelle sue motivazioni ha subito detto che Sinner non perderà né punti e né denaro nei tornei già affrontati. Questo vuol dire che anche secondo la stessa WADA, Jannik non si è dopato e questo era abbastanza chiaro anche per le quantità di quella Clostebol trovata nel suo organismo.
Per me, la WADA l’ha fatto solo per una questione politica, come a rivendicare la propria esistenza. Poi, però, a emettere la sentenza definitiva sul caso sarà il TAS. La cosa assurda è quella di dover giocare ad altissimo livello con questa spada di Damocle per una questione politica. Gli scienziati hanno detto che lui è innocente. Se venisse condannato, sarebbe la rivoluzione perché contrario a qualsiasi logica. Questo ragazzo è un esempio per tutti ed è pulito, spero che lo siano altrettanto quelli che lo devono giudicare”.
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