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Cahill si coccola Sinner: “Mentalità da campione, ecco le differenze tra Australian e US Open”

Il trionfo di Sinner allo US Open 2024 continua a far parlare di sé. E stavolta, dopo le tante interviste rilasciate dall’altoatesino nelle ultime ore, ad offrire una testimonianza dall’interno del team ci ha pensato Darren Cahill, uno dei due artefici – assieme a Simone Vagnozzi – della versione 2.0 del tennista azzurro.

Cahill: “Sinner ha mostrato onestà e resilienza, ha una mentalità da campione”

Il coach australiano ha riavvolto il nastro di quanto accaduto da marzo ad oggi, spiegando qual è stato il suo ruolo nelle vicenda Clostebol e come ha cercato di sostenere Jannik dopo la positività al doping riscontrata al torneo di Indian Wells. Vi proponiamo di seguito un estratto delle sue parole rilasciate alla ESPN.

Foto Instagram Cahill

“Nel team di Jannik io non sono l’allenatore più importante, che è Simone Vagnozzi, ma sono quello che ha più esperienza. Negli ultimi quattro mesi sono successe tante cose all’interno del gruppo e molte di queste sono ricadute sulle mie spalle. Ho cercato di mantenere il senso delle cose e il focus di Jannik su quelli che erano i nostri obiettivi, gli ripetevo in continuazione che non aveva fatto nulla di sbagliato e che qualunque cosa fosse successa sarebbe dovuto restare con la testa alta”, ha affermato Cahill alla testata statunitense. “Siamo riusciti ad attraversare questo periodo, non certo senza stress. Il mio lavoro era quello di aiutarlo a maturare e a diventare la persona a cui tutti guardano, una figura dalla quale i bambini possano trarre ispirazione. Anche prima della finale gli ho detto che il modo in cui si è comportato nelle ultime settimane ha mostrato onestà e resilienza, deve essere molto orgoglioso di sé stesso. Ora è giusto che si diverta, se lo merita tanto”, ha poi aggiunto.

Nel corso della chiacchierata, Cahill ha inoltre affrontato il tema delle differenze tra la finale dell’Australian Open e quella dello US Open: “A Melbourne era la prima finale di uno slam ed era più teso. Forse c’erano anche più aspettative perché aveva già battuto Medvedev un paio di volte. Prima della finale di New York stavamo parlando con André Agassi nello spogliatoio. Commentavamo il suo gioco, la sua mentalità e la sua compostezza anche nei grandi momenti. Anche quando è stato messo alla prova nel terzo set, percepivo che fosse convinto di poter tornare in gioco, cosa che poi è stato in grado di fare. Ha questa mentalità da campione che molti giocatori non hanno. Lui, invece, ci è nato e ama quelle situazioni e quei momenti”.

Giuseppe Canetti

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