I primi, a caldo, erano stati Nick Kyrgios e Denis Shapovalov. L’australiano c’era andato giù pesante, come suo solito, dicendo che Jannik Sinner avrebbe meritato due anni di squalifica. Il secondo, più delicato, sosteneva che era insopportabile la disparità di trattamento. Erano i minuti immediatamente successivi alla scoperta del fatto che il numero uno del mondo era risultato positivo a due controlli anti-doping nel mese di marzo, durante il Masters 1000 di Indian Wells.
La vicenda è nota. La positività di Sinner al Clostebol – steroide anabolizzante che, se assunto in maniera consapevole e in dosi sostenute, migliora le prestazioni fisiche di un atleta – è stata rivelata dopo il torneo di Cincinnati (vinto dallo stesso Sinner) congiuntamente alla ricostruzione che ha portato alla scoperta di una parte millesimale di questa sostanza nel suo organismo. Ricostruzione che non stiamo a menzionare per la milionesima volta, ma che ha dimostrato la totale estraneità di Jannik, a sua volta vittima di un errore del suo staff.
Ebbene, davanti a una cosa del genere, di fronte al macigno che questo ragazzo di 23 anni si è trovato a dover gestire per responsabilità non sue, il minimo che ci si possa aspettare è (almeno) la solidarietà dei suoi colleghi. D’altronde ciò che è successo a Sinner sarebbe potuto succedere anche a loro. E invece, a parte pochissime eccezioni su cui torneremo più tardi, la questione è stata trattata con freddezza e parole di circostanza nel migliore dei casi e con sospetto, polemica e teorie del complotto nel peggiore.
Carlos Alcaraz – che da sempre si professa grande amico e ammiratore di Jannik – si è limitato a dire poche parole facendosi scudo con il fatto che “non so se in inglese riesco a rendere l’idea”. Il grande Novak Djokovic l’ha buttata come al solito in politica, ripetendo la cantilena per cui “i giocatori devono lottare per eguali diritti” (alludendo chiaramente al fatto che per l’italiano è stato adottato un trattamento di favore), grandi ex del passato come McEnroe e Wilander non hanno fatto di meglio.
Di fatto le persone del circuito che hanno avuto parole di conforto e di vicinanza per Jannik si contano sulle dita di una mano. Ci vengono in mente Matteo Berrettini, Toni Nadal, Alexander Zverev e il doppista Marco Bortolotti, vittima di un caso analogo a quello di Sinner, risultato positivo al Clostebol e poi scagionato esattamente come il numero uno del mondo (a proposito di trattamenti di favore). Davanti a tutto questo, lo stesso Jannik, in una recente conferenza stampa, ha ammesso di aver capito “chi sono in veri amici”.
Ma in mezzo a tutto ciò, all’alba dell’ultimo Slam stagionale, proprio nel momento in cui si dovrebbe smettere di parlare, lasciarsi tutto alle spalle e dare voce al campo, a metterci il carico arriva la voce di un altro tennista. Sicuramente meno noto e influente dei vari Alcaraz e Djokovic, ma neppure l’ultimo arrivato. Parliamo di Tallon Griekspoor, olandese, attualmente numero 40 del mondo. Ecco, per ora il premio di commento più cretino dell’intera vicenda lo vince lui.
Un mix di complottismo e qualunquismo, condito con una buona dose di razzismo e ignoranza. La premessa dell’olandese – che in carriera ne ha sempre tante, di lezioni di tennis, da Sinner – è che “non credo che abbia preso nulla. Non penso che sia la persona giusta per fare una cosa del genere. Ma – precisa – naturalmente potrei sbagliarmi terribilmente, ma non ne ho la minima idea. Dove c’è fumo, c’è fuoco. È semplicemente molto strano il modo in cui è stato gestito il suo caso”. Dove c’è fumo, c’è fuoco: che filosofo.
E poi via con le grandi teorie cospirazioniste: “Sinner ovviamente porta tanti soldi e anche le due più grandi figure dell’Atp sono italiane. Ci sono giocatori, come Simona Halep (che però non ha mai ricostruito la vicenda doping che la riguarda, senza contare il fatto che si parla di assunzione diretta, ndr), che devono aspettare due o tre anni e a Sinner è stato permesso di continuare a giocare ed ora è libero. Semplicemente non può essere il caso”.
Parole francamente difficili da commentare. Difficili anche da spiegare, se non perché dettate da ignoranza, invidia e forse anche un pizzico di voglia di destabilizzare un atleta che nel suo sport eccelle e che ha ancora un futuro radioso davanti. Tutto questo potrebbe alla lunga indebolire Sinner (che, ricordiamolo, non è una macchina ma pur sempre un uomo) oppure rafforzarlo ulteriormente. In questo caso non vorremmo essere nei panni del povero Griekspoor quando se lo ritroverà dall’altra parte della rete.
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