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Montreal, rabbia Tsitsipas: le parole del greco contro il padre-coach
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Stefanos Tsitsipas ha vissuto un esordio da incubo al secondo turno del masters1000 di Montreal. Il greco è stato superato con un doppio 64 dal giapponese Kei Nishikori in poco più di un’ora di gioco. Nella conferenza stampa successiva al match, l’ex top10 si è scagliato contro il padre e coach Apostolos.

Cos’è successo

Probabilmente, insieme alla sconfitta di Daniil Medvedev contro Alejandro Davidovich Fokina, l’eliminazione di Tsitsipas per mano di Nishikori è stata la più grande sorpresa del secondo turno del masters1000 di Montreal. Mentre il russo, dal canto suo, ha fatto sudare le proverbiali sette camicie all’avversario spagnolo prima di alzare bandiera bianca, per il giapponese è sembrato tutto molto semplice contro il greco.

Nishikori, infatti, si è imposto facilmente con un doppio 64 in 79 minuti di gioco. Poco più di un’ora in cui a Tsitsipas non è riuscito praticamente niente. Il greco è apparso molto più nervoso del solito, soprattutto con il suo angolo dove era presente (come al solito) il papà e coach Apostolos.

I motivi dello sfogo sono stati spiegati dallo stesso Stefanos in conferenza stampa al termine della partita. L’ex top10 ha confessato i dubbi circa l’effettivo beneficio di avere il padre come unico coach.

Mi ero già lamentato con il mio coach da quattro o cinque giorni dei problemi con il dritto. Questo è il motivo per cui sono stato molto a discutere con il mio box durante la partita: non sono solito avere questi sfoghi.

Per me, ogni partita di un masters1000 è importante. Ho bisogno e mi merito un allenatore che ascolti le mie impressioni come giocatore. Mio padre non è stato molto intelligente e molto bravo a gestire queste cose, non è la prima volta che lo fa. Sono molto arrabbiato con lui.

Non so dirvi adesso se stia pensando ad un cambio di allenatore, ma posso dirvi che sono molto arrabbiato. La cosa più importante per un giocatore è avere un allenatore chiaro e diretto circa i miglioramenti da fare. Il coach non è quello che ha in mano la racchetta. È il giocatore che prova a mettere in campo il piano partita: è una collaborazione tra entrambe le parti. Deve essere una cosa reciproca in modo tale che il mio tennis possa migliorare. Non voglio rimanere fermo a quello che so fare ora, non mi basta”.

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