Da simbolo d’Italia a tirolese monegasco: Jannik, non ti curar di loro

Avere una pagina Facebook molto frequentata è sicuramente un bene per una testata giornalistica come la nostra: molte interazioni significa molte visualizzazioni e molte visualizzazioni sono il motivo per cui stiamo in piedi in questo (malato) sistema editoriale.

Ma avere una pagina Facebook molto frequentata comporta anche la possibilità di leggere molti commenti dei nostri lettori o – purtroppo capita spesso – di passanti del web che commentano i nostri pezzi senza neanche leggerli, solo per il gusto di dire la loro sui temi più disparati con argomenti più disparati.

Questo genere di “commentatori” sono solitamente poco interessati al tennis e molto interessati ad esprimere giudizi, spesso privi di ogni fondamento e di ogni base logica. Nell’occhio del ciclone dei censori da smartphone finisce, come è normale che succeda, chi è più sotto la luce dei riflettori mediatici. E in questo momento i riflettori sono puntati tutti su Jannik Sinner.

Il numero uno del mondo (ripetiamo, numero uno del mondo, roba da iperuranio per la storia del tennis italiano) è passato a essere per molti, nel giro di poche settimane, dal ragazzo della porta accanto capace di scalare dall’Italia le vette sportive del globo a soggetto da crocifiggere sul patibolo della pubblica piazza (virtuale).

Le sue colpe, nell’ordine: aver perso al Roland Garros contro Carlos Alcaraz, aver perso a Wimbledon contro Daniil Medvedev, aver accusato un calo di strapotere fisico e, soprattutto, aver cominciato una relazione amorosa con la collega Anna Kalinskaya (tennista numero 16 del ranking Wta), cosa che – sempre nella brillante interpretazione degli esperti fustigatori digitali – l’ha portato a distogliere attenzioni dal tennis e a dover rinunciare ai Giochi Olimpici di Parigi.

Il fatto che Sinner sia di gran lunga il tennista con la percentuale di vittorie più alta in questo 2024 (91 per cento) e che occupi stabilmente la vetta della classifica mondiale non è sufficiente per i nostri eroi, che spesso non sono solo persone comuni ma anche addetti ai lavori o presunti tali. Addirittura dalle colonne del Corriere della Sera è arrivata la sentenza: “Una volta, dopo una sconfitta, Jannik tornava ad allenarsi, oggi preferisce un weekend in Sardegna”. Una cosa imperdonabile per un ragazzo che vive solo per giocare a tennis dodici mesi all’anno.

E così, nel giro di un pugno di settimane l’eroe dell’italianità torna improvvisamente a ricoprire il ruolo del “meticcio mezzo tedesco” o “dell’evasore monegasco”. Tutti argomenti che non meritano neppure di essere commentati. I risultati sul campo di Sinner, quelli sì, si commentano da soli. A 23 anni ancora da compiere ha polverizzato ogni record del tennis azzurro e riportato – praticamente da solo – la Coppa Davis in Italia dopo 47 anni.

Sinner – che per chi non lo sapesse è un essere umano e non una macchina creata in laboratorio – ha ancora immensi margini di miglioramento e potrà scrivere pagine indelebili nella storia del tennis non solo italiano. Sicuramente non ha bisogno del nostro consiglio non richiesto, ma noi glielo diamo lo stesso: caro Jannik, non ti curar di loro ma guarda e passa. Gli stessi che ti criticano oggi sono quelli che ti hanno idolatrato ieri e che lo faranno anche domani e che magari ti criticheranno ancora dopodomani. Praticamente, non esistono.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie