Paolo Bertolucci, nell’ultimo editoriale per la Gazzetta dello Sport, ha voluto analizzare e soffermarsi su un particolare (spesso sottovalutato) del nostro Jannik Sinner: la programmazione. Il campione della Coppa Davis 1976 ha paragonato la minuziosa scelta dei tornei dell’altoatesino a quella di Roger Federer.
Il paragone Sinner-Federer
Ne abbiamo sentite di tutti i colori negli ultimi mesi su Sinner. In pochi, però, si sono soffermati su un aspetto che spesso si sottovaluta: la minuziosa programmazione che segue il numero 2 del mondo. Jannik, al contrario di molti protagonisti del tour, segue un preciso schema di tornei a cui prendere parte così da utilizzare le pause tra competizioni per allenarsi e prepararsi al meglio agli impegni veramente importanti.
Diamo un’occhiata, per esempio, al suo 2024: pronti e via con l’Australian Open (unica presenza precedente l’esibizione del Goyang Classic), poi Atp500 Rotterdam, masters1000 di Indian Wells e Miami, masters1000 di Montecarlo e masters1000 di Madrid. Quattro mesi pieni e solamente sei tornei giocati. Il risultato? Tre titoli alzati al cielo (Australian Open, Atp500 Rotterdam e masters1000 Miami) e due semifinali agli altri due tornei (masters1000 Indian Wells e Montecarlo).
Un programma seguito al dettaglio, che non fa sprecare energie fisiche e mentali inutili al nostro campione. Proprio di questo ha voluto parlare Bertolucci nell’ultimo editoriale per la Gazzetta dello Sport.
“L’esordio a Madrid di Sinner dopo dieci giorni di preparazione dura in vista degli impegni sulla terra battuta, poteva destare qualche timore. C’era, inoltre, l’incognita del derby anche se, come dicono i numeri (siamo a 13 vittorie), i derby lo gasano ancora di più.
Sinner adesso, ha bisogno di test più probanti, ha bisogno di partite più complicate, ma giocare sull’altura lo ha già aiutato. Quando si arriva ad essere ai primi 2-3 posti del mondo vuol dire avere diverse marce in più e la differenza con gli avversari è talmente ampia che il giocatore deve trovare una giornata terribile e l’avversario deve giocare la partita della vita per avere un risultato clamoroso.
In questo senso la programmazione è sempre stata un punto di forza di Jannik, che ha capito ben presto come bisogna muoversi e come bisogna curare bene i momenti. Servono i tornei, ma anche i momenti di preparazione. Bene ha fatto Jannik a lavorare perché da adesso fino a Parigi è tutta una tirata.
Giocare 2-3 tornei, allenarsi e poi di nuovo tornei: è questa la strategia vincente, una sorta di ‘stop and go’: un sistema che ha insegnato Roger Federer, qualcosa di diverso da battere il ferro quando è caldo.
Sinner ha scelto Madrid per ritrovare il ritmo gara e sciogliersi dopo il lavoro fatto con l’obiettivo puntato su Roma e Roland Garros”.
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