Jasmine Paolini ha vinto per la prima volta in carriera il Wta1000 di Dubai. Un successo importantissimo, che la porta al numero 14 del ranking mondiale (miglior piazzamento della propria carriera) e al sesto posto della Race per le Wta Finals. Dalle colonne della Gazzetta dello Sport, Paolo Bertolucci ha voluto esaltare le doti della ragazza, sottolineando anche il momento d’oro che sta vivendo il tennis italiano.
Paolini ha giocato il miglior tennis della propria vita al sole di Dubai. Negli Emirati Arabi, la neo-ventottenne ha sconfitto in successione: Beatriz Haddad Maia, Leylah Fernandez, Maria Sakkari, Elena Rybakina (ritirata prima dell’inizio della sfida), Sorana Cirstea e Anna Kalinskaya in finale.
Un livello di tennis sempre altissimo, che le ha permesso di superare avversarie che sulla carta l’avrebbero potuta sempre battere in una superficie come il cemento arabo. Al contrario di tutto quello che ci si sarebbe potuto aspettare, Jasmine sabato ha alzato al cielo il trofeo più importante della carriera e si è meritatamente presa le prime pagine dei quotidiani sportivi nazionali.
Lo stesso Bertolucci, dalla Gazzetta dello Sport, ha voluto sottolineare la bontà dei progressi della toscana.
“Il momento d’oro del tennis italiano sembra non finire mai, un Rinascimento prolungato che continua a regalarci risultati di grandissimo prestigio. Chiamiamolo pure effetto Jannik, un trascinamento verso l’alto dell’intero movimento che era senza dubbio pronosticabile: quando si ha di fronte un esempio e un modello vincente, lo spirito di emulazione funziona da stimolo per tutti e il tentativo di provare a raggiungere i risultati del grande campione rappresenta una molla per gli altri giocatori.
Jasmine ha seguito il suo percorso sotto la guida di un ottimo coach come Furlan senza lasciarsi prendere dall’ansia da prestazione e adesso può raccoglierne i frutti. Poco importa che abbia appena compiuto 28 anni: ciascuno matura con i suoi tempi.
I risultati sono l’ombrello ideale sotto cui tutto il movimento può pensare a migliorare senza l’assillo delle vittorie a tutti i costi. Per decenni in Italia, all’apparire di un talento, le pressioni che lo accompagnavano in un Paese con una fame enorme di tennisti di livello che potessero almeno replicare i fasti della generazione della Davis del 1976 finivano per travolgerlo”.
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