Una sconfitta all’Atp 250 di Auckland, seguita da un’altra eliminazione all’esordio sul cemento di Melbourne, dove nelle ultime due settimane si è giocato l’Australian Open: il ritorno nel circuito di Denis Shapovalov non è stato dei più brillanti. Così come non lo erano state le sue prestazioni nei mesi precedenti all’infortunio. Si vien da chiedersi che fine abbia fatto quel sontuoso mancino che incantava i campi di tutto il mondo. Riavvolgiamo il nastro.
Nato a Tel Aviv da madre ucraina e padre russo, Shapovalov è un tennista che gioca sotto la bandiera del Canada avendo vissuto la maggior parte della sua vita proprio nel Paese nordamericano.
Sin dai primi passi nel mondo della racchetta, il classe ’99 si è contraddistinto per la potenza dei colpi e per un raffinato rovescio mancino a una mano, tanto da essere incluso – a giusta ragione – da appassionati ed addetti ai lavori nel novero dei giocatori più eleganti (e forti) del panorama internazionale.
Shapo non hai mai raggiunto le vette altissime che le sue potenzialità lasciavano presagire. Anche perché, nell’esprimere il suo talento, si è sempre concentrato troppo sull’estetica delle giocate a svantaggio della loro concretezza.
Certo, nel corso della sua giovane carriera, Denis si è tolto belle soddisfazioni. In singolare, ad esempio, ha vinto Wimbledon Juniores e l’Atp 250 di Stoccolma, nonché raggiunto i quarti sia all’Australian Open (2022) che allo US Open (2021) e la semifinale sul prato verde britannico (2021). Risultati che gli hanno consentito di attestarsi alla decima posizione del ranking mondiale e di rimanere in quella zona prestigiosa per un considerevole periodo di tempo. Giocando per la nazionale, invece, il biondo tennista ha contribuito al trionfo canadese nell’edizione 2022 della Coppa Davis.
Traguardi importanti, ci mancherebbe. La maggior parte dei tennisti metterebbe la firma per avere un curriculum del genere a fine carriera. Diverso, però, è il caso di Shapovalov, i cui scenari per il futuro prevedevano una parabola ben più gloriosa di quanto finora lo sia stata. Purtroppo, infatti, il 2022 si è rivelato anche l’anno degli ultimi lampi prima che l’ascesa si arrestasse bruscamente.
Già! Perché nel 2023, dopo diversi segnali preoccupanti lanciati durante la stagione precedente, Shapovalov ha vissuto un vero e proprio annus horribilis. Il canadese è finito in un vortice negativo, abbandonando mestamente la top-100 e i palcoscenici più prestigiosi del circuito maggiore. Un baratro infinito, reso ancora più frustrante da problemi fisici che non gli hanno dato tregua e che lo hanno costretto a stare lontano dai campi per diversi mesi (ultima apparizione a Wimbledon, prima del ritorno in Australia nelle scorse settimane). Alla fine dell’anno, con un modesto bottino di 13 vittorie e 13 sconfitte, il canadese si è trovato numero 109 al mondo. Oggi, reduce dalle due eliminazioni al debutto ad Auckland e Melbourne, è addirittura scivolato alla piazza 137.
Se in passato si era parlato di un giocatore che “è bello ma non balla”, che ha un rovescio sublime ma al contempo fragile nella sua continuità di espressione. Shapo, adesso, è la copia sbiadita di se stesso.
Denis l’esteta non esiste quasi più. Se n’è accorto anche il diretto interessato, che, per la cronaca, ha deciso di tentare di dare una scossa alla sua carriera ingaggiando una nuova figura a sostegno del coach Matt Daly. Ci riferiamo a Javier Piles, ex collaboratore di David Ferrer, Roberto Bautista Agut e Milos Raonic. Lo spagnolo, stando a quanto riferito dal giornalista Fernando Murciego, sta seguendo Shapovalov già dal mese di dicembre e lo affiancherà per la prima volta all’Atp 250 di Montpellier in scena questa settimana.
In tanti si chiedono cosa aspettarsi dal 2024 di Shapovalov e se il canadese riuscirà a consacrarsi definitivamente nell’élite del tennis mondiale. Per quanto ci riguarda, al momento, l’unica cosa possiamo dire è la seguente: a noi basterebbe che tornasse quello di prima. Nulla più.
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