Febbraio 2020, Gianluca Mager si presenta alle qualificazioni dell’Atp 500 di Rio de Janeiro reduce da un inizio di stagione altalenante, contrassegnato da una sola vittoria, arrivata nel tabellone cadetto dell’Australian Open. Risultati controtendenza rispetto ad un finale 2019 nel complesso positivo.
Il colpo di reni arriva proprio sulla terra rossa brasiliana, dove il sanremese coglie subito due successi perentori, rifilando un 6-1, 6-2 ad Andrea Collarini e un 6-0, 6-2 ad Attila Balazs. Gli si aprono le porte del main draw per un’occasione d’oro da sfruttare. Lui la sfrutta al meglio regolando un certo Casper Ruud all’esordio (7-6, 7-5), Joao Domingues agli ottavi (6-3, 7-6) e un altro nome di spessore ai quarti, Dominic Thiem, che manda a casa con un 7-6, 7-5.
Staccato il pass per il penultimo atto, Mager si ritrova al cospetto di Balazs (ripescato come Lucky Loser) e riesce nuovamente ad imporsi, stavolta con un punteggio meno netto di quello maturato qualche giorno prima (7-6, 4-6, 7-6). Ma poco importa il punteggio, Gianluca è finale in un torneo Atp per la prima volta in carriera, il terzo tennista italiano a raggiungere un traguardo del genere partendo dalle qualificazioni, l’unico in assoluto ad esserci riuscito alla prima partecipazione.
La sconfitta subita poi con Garin nel match valido per il titolo assume i tratti di un piccolo dettaglio, la classica ciliegina che se manca nessuno se ne accorge. La sensazione di tutti è che Mager sia davvero arrivato ad un punto di svolta del suo percorso sportivo, dopo anni trascorsi a dannarsi nei Challenger complice una partenza rallentata da uno stile di vita poco professionale (all’età di 16 anni, ad esempio, l’antidoping lo aveva squalificato per quattro mesi dopo averlo beccato positivo alla marijuana).
Il best ranking alla numero 77 è il primo riconoscimento in tal senso. Mentre la prima convocazione in Coppa Davis, condita dalla vittoria sul coreano Nam Ji-sung, conferma una certa fiducia nelle sue potenzialità anche da parte dei vertici della Federazione.
La spinta propulsiva, tuttavia, si esaurisce molto presto e Gianluca si ritrova ancora risucchiato in cadetteria, anche per via di un rendimento sul cemento non proprio all’altezza di un top-100. Qualche exploit di tanto in tanto, come i quarti all’Atp 250 di Belgrado ed altri buoni piazzamenti gli valgono un ulteriore best ranking alla numero 62, ma questo resterà ahinoi il punto più alto toccato dal ligure.
Nel biennio 2021-2022, infatti, la sua bacheca non vedrà arrivare altro che due titoli Challenger, ottenuti a Marbella e Gran Canaria. Troppo poco per reggersi a galla in un tennis estremamente competitivo come quello di oggi. E nel 2023 è andata ancora peggio…
Che fine ha fatto Gianluca Mager?
Già! Perché un Mager autore di sole 38 partite – 18 vittorie e 20 sconfitte – è scivolato in quegli abissi profondi che non si addicono ad un tennista dalle sue qualità. Tanto profondi che quest’anno nemmeno giocherà le qualificazioni all’Australian Open: la sua classifica di 335 al mondo non glielo permette.
Un colpo durissimo. Chi ben conosce le dinamiche del tennis di seconda fascia può ben comprendere cosa voglia dire per un giocatore non partecipare alle qualificazioni degli Slam, sia sotto l’aspetto morale sia sotto quello economico.
L’azzurro, però, non sembrerebbe avere intenzione di arrendersi così facilmente: dopo sei mesi di stop per l’infortunio accusato a San Marino, è tornato in campo nelle scorse ore sulla terra battuta di Buenos Aires, palcoscenico di un torneo Challenger in cui ha battuto al primo turno il giovane ecuadoriano Alvaro Guillen Meza.
Oggi come oggi, non sappiamo se Mager riuscirà a dare una nuova sterzata alla sua carriera. Né sappiamo come sta vivendo questa parentesi lontanissima dai livelli che sognava. Siamo all’inizio della fine o all’inizio della risalita? Al tempo la risposta. Quel che è certo è che a trent’anni compiuti è ancora lì, a lottare, alla ricerca di qualcosa, con coraggio e dedizione. La storia di Gianluca, come quella di tanti artisti “dannati” della racchetta, è una storia che meriterebbe un lieto fine. Gli facciamo un grosso in bocca per il 2024, con la speranza che anche il “Dio del tennis” ci metta un po’ di suo.
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