“La prima racchetta da tennis? Gliel’ho messa in mano io. Jannik aveva tre anni e mezzo e la madre mi aveva pregato: «Portamelo fuori casa perché me la sta distruggendo». Giocava con la racchetta del papà facendo rimbalzare la pallina su specchi, porte, finestre”. A parlare è Andreas Schönegger. Lo Jannik in questione è invece quel Sinner che ben conosciamo, diventato numero quattro al mondo in virtù di uno straordinario 2023.
Il primo maestro di tennis dell’altoatesino ha concesso una lunga ed interessante intervista ai microfoni de Il Corriere del Trentino, spaziando tra aneddoti del passato e considerazioni su presente e futuro. Ve ne proponiamo un estratto.
Schönegger ha rivelato che Sinner torna in Pusteria tre o quattro volte l’anno mostrando sempre la stessa umiltà: “Tutti vogliono un autografo, un selfie. Lui non si tira mai indietro”. Poi ha raccontato lo Jannik bambino rivelando: “Un nanetto, si divideva tra sci e tennis con uguale successo. Era un bimbetto normale ma non saltava mai una lezione e, quando finiva, continuava a palleggiare fino a quando arrivava il papà per giocare con lui. Alla prima sfida avrà avuto cinque anni e mezzo: era due spanne più basso degli altri, perché era la categoria under-8, e lo prendevano sottogamba. Invece vinceva. Dovevo spiegargli: vai a stringere la mano al tuo avversario, hai vinto. Non sapeva nemmeno contare i punti”.
Da allora è passato parecchio tempo, ma, come nel caso dell’umiltà, anche la fame di successi e la freddezza sono rimaste la stesse: “Voleva vincere più di ogni altra cosa, ma se perdeva non piangeva, non cedeva alle emozioni. Non è cambiato. È forse la prima cosa che gli ho insegnato: per vincere devi saper perdere, se hai paura della sconfitta non vincerai mai. Il tennis non è il calcio, sei solo: o vinci o perdi, nessuno ti aiuta”.
Oggi come oggi, il colpo più devastante di Sinner è sicuramente il rovescio. Lo era anche alle origini del suo percorso. “Qual era il suo colpo? Il rovescio, fin dagli inizi. Anche adesso è uno dei più bravi sul rovescio. Con me ha fatto le basi: dritto, rovescio, volèe, battuta. L’impostazione era buona, non c’erano errori gravi, ma la vera tecnica l’ha appresa poi da Riccardo Piatti. Negli ultimi anni, passando da Piatti a Darren Cahill, si è concentrato molto sulla volèe e sulla battuta ed è migliorato”.
Anche all’epoca Jannik aveva altre spiccate doti oltre ad un ottimo rovescio. “La sua forza, l’agilità e la velocità. È uno che lavora sodo e non si accontenta, prova all’infinito: è un perfezionista”, ha affermato Schönegger. Quest’ultimo, poi, si è soffermato sul suo rapporto con l’azzurro: “Ci sentiamo ancora? Almeno una volta a settimana. Ama fare scherzi, è rimasto ragazzino nell’animo, forse perché è andato via molto giovane. Quando è qui ritorna lo Jannik di sempre. Due settimane fa siamo andati al golf… Mi chiede mai consigli? Figuriamoci! Ero il suo maestro 17 anni fa, ora gioca a ben altri livelli. È stato importante aver fatto passi avanti cambiando istruttori e sviluppando le sue potenzialità”.
“Jannik mi ha mai ringraziato? Siamo troppo amici per questo, non c’è bisogno. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per affetto. Compreso un tavolo costruito per lui con le mie mani, in legno di noce e resina azzurra: il terrazzino, nella sua casa a Monaco, era troppo stretto per qualsiasi altro tavolo. Lui però mi regala sempre cappellini, magliette e racchette autografate per i premi dei tornei dei bambini qui in valle. Sono più felici del premio che di aver vinto!”, ha raccontato.
Per quanto riguarda il futuro, Schönegger non ha dubbi: “Con un po’ di fortuna, senza infortuni, ha tutte le carte per essere il numero uno. Chi deve temere? Solo Djokovic, ma non deve avere paura nemmeno di lui perché gli altri li ha battuti tutti”.
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