Sinner tira le somme: “Ecco come ho cambiato marcia. Sulle vittorie con Djokovic…”

Jannik Sinner è stato premiato come “Giocatore dell’anno” ai Supertennis Awards, consueta kermesse di fine anno in cui l’emittente ufficiale della FITP conferisce i vari riconoscimenti ai migliori rappresentati italiani del mondo della racchetta. A margine della cerimonia, l’altoatesino ha concesso un’interessante chiacchierata al presentatore dell’evento, Max Giusti, spaziando tra tanti argomenti.

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Foto Twitter FITP

Sinner e il rapporto con il padre

“Lui è sempre stato uno che lavorava tanto, però negli ultimi due anni ho visto che era un po’ giù. Era in cucina da 40 anni, lo volevo tirare un po’ fuori da quella situazione. Questo gli ha permesso di tirarsi su, e di vedere anche un po’ come vivo io”, ha spiegato l’azzurro quando gli è stato chiesto dell’inserimento del padre all’interno del suo staff.

Hanspeter, lo ricordiamo, ricopre il ruolo di chef personale del numero uno nostrano. “Spadella bene”, ha scherzato Jannik. Poi, tornando serio, ha aggiunto: “Da quando sono andato via da casa non ho avuto tanto tempo con i miei genitori. Forse mi godo molto più ora quando c’è, in tornei in cui abbiamo una casa come Indian Wells, per passare del tempo con lui”.

Jannik Sinner
Foto Twitter FITP

Sinner e uno straordinario 2023

Reduce da un 2022 contrassegnato da alti e bassi, Sinner ha approcciato al 2023 in modo promettente e poi ha confermato le buone sensazioni nel corso dei mesi. La svolta a Toronto, dove è arrivato il primo sigillo in un Masters 1000. “E’ stato un momento chiave per me. Ho fatto ottimi risultati a inizio anno, sentivo che ero tanto vicino ma non riuscivo a vincere il primo Masters 1000. Ho perso due finali a Miami, poi quando vinci il primo titolo significa tanto per una carriera”, ha ammesso il 22 tirolese.

Jannik, però, non si è accontentato, anzi: “Abbiamo continuato a lavorare e questo ci ha fatto fare un gran finale di stagione. Cosa mi ha fatto cambiare marcia? Non so, credo che quando fai tanti risultati di fila a fine anno vuol dire che prima hai lavorato tanto. E per ‘prima’ non si intende uno o due mesi, ma quasi un anno. Abbiamo girato tanto, devi essere anche fisicamente preparato. Il lavoro, la voglia di mia di lavorare tanto e il team formano una combinazione di successo“.

Nell’exploit dell’azzurro molto hanno inciso le esperienze pregresse. Tipo la dolorosa sconfitta subita a Vienna con Tiafoe al termine di un incontro surreale. “Alla fine era colpa mia quando ci ho perso due anni fa. Ho servito per il match, preso il break poi nel terzo è andato via facile. Lui è stato molto furbo, lì per lì non me ne sono nemmeno reso conto. Quest’anno il mio team mi ha aiutato a capire che devo migliorare non tanto sulla tattica, ma sull’affrontare le partite con la mia testa, riprendere la concentrazione subito quando la perdo”, ha spiegato.

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E non poteva mancare il passaggio sul duplice successo contro Djokovic nell’arco di dieci giorni tra ATP Finals e Davis: “La prima è diversa, speciale. Davvero bello farlo lì in casa, con il pubblico italiano. La seconda è una vittoria figlia della tanta voglia di vincere la Coppa”.

Il finale sul trionfo di Malaga: “Sapevamo che era un anno importante, la Spagna non c’era, la Russia non poteva giocare. Quando ero sotto tre mp con palle abbastanza nuove sapevo che avrei potuto avere una chance. Eravamo in lotta dal girone di Bologna, con tanta fatica a Malaga ci siamo qualificati per la semifinale e la finale, poi in finale è andata via facile. Vedere i giocatori in panchina quando stai giocando, chiedere a Berrettini o ad altri il loro punto di vista da giocatore è bello. Vincere così una Davis è speciale. Ci tengo a dire che vedere Matteo lì è stato molto bello. Non è dentro col suo nome sulla coppa, ma se in qualche modo si potesse fare tutti noi vorrebbero che ci fosse”.

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