Pete Sampras e quell’ultimo incredibile trionfo a New York

8 Settembre 2002. Siamo a Flushing Meadows, allo US Open. È il giorno della finale. Gli attori protagonisti sono ancora una volta loro, come dodici anni prima, quando erano scesi su quello stesso palcoscenico. Anche oggi tocca a loro: tocca a Pete Sampras ed André Agassi, i due eterni rivali. Si sono affrontati ormai un’infinità di volte, i loro stili di gioco sono diametralmente opposti, la rivalità tra i due è da sempre accesissima. Tanto da far affermare allo stesso Agassi: “Credo che il nostro peggior incubo sia svegliarsi il mattino seguente e ritrovarsi nei panni dell’altro”. Una rivalità eterna, appunto, ma stavolta è diverso, stavolta è speciale.

Facciamo un passo indietro: Sampras ha da poco vinto il suo settimo Wimbledon, il quarto consecutivo, il tredicesimo titolo Slam, un nuovo record. È il numero uno del mondo, almeno fino al 19 Novembre 2000, ultima volta per lui in testa alla classifica. Le settimane al comando sono 286, anche qui un nuovo record. Nessuno al mondo ha dubbi: Sampras è il più grande tennista in attività e, perché no, secondo molti il più grande di sempre. Pete però non sta più giocando bene, il suo è un calo fisico e forse anche mentale. Allo US Open riesce a raggiungere la finale, ma viene sconfitto nettamente in tre set da Marat Safin.

L’anno non si conclude bene e il nuovo anno, il 2001, continua nello stesso modo. Pete, l’autentico ed incontrastato dominatore di praticamente tutti gli anni novanta, nel 2001 non vince neppure un torneo. Le sconfitte più brucianti le riporta allo US Open, ancora in finale, stavolta con Lleyton Hewitt, dove perde ancor più nettamente dell’anno precedente, con un parziale di 7-6, 6-1, 6-1, ma soprattutto a Wimbledon, il suo Wimbledon, dove ha trionfato sette volte, ma stavolta è costretto ad arrendersi al quarto turno ad un ragazzino di vent’anni di nome Roger Federer.

Nel 2002 Sampras subisce cocenti eliminazioni nei primi turni ad opera di giocatori di bassa classifica. Spettri sul suo ritiro cominciano ad aleggiargli intorno, ma la cosa che più scioccante è la sua eliminazione a Wimbledon al secondo turno per mano di George Bastl, numero 145 del ranking. Il disastro non si consuma sul campo centrale, ma bensì sul vecchio campo numero due, il campo noto come “il cimitero dei campioni”. Forse questa sconfitta, su questo campo, ha veramente posto la pietra tombale sulla carriera di Sampras; forse con questa sconfitta Pete ha veramente imboccato il “Sunset Boulevard”, il viale del tramonto.

Ma lui non è d’accordo, vuole ancora dire la sua, almeno un’ultima volta. Si arriva allo US Open, il grande Sampras è ormai numero 17 del mondo, nessuno si aspetta che lui superi i primi turni, ma Pete sorprenderà tutti ancora una volta. Dopo aver passato agevolmente i primi due turni, Sampras viene portato al quinto da Rusedski, alimentando ulteriormente i dubbi su di lui, ma contro ogni pronostico vince contro Haas e soprattutto contro Roddick, supera anche la semifinale battendo Schalken e raggiunge la finale; e così, dodici anni dopo, tocca di nuovo a loro: per l’ultima volta Sampras contro Agassi, Pete contro Andre. Là dove Pete aveva trionfato per la prima volta in uno Slam dodici anni prima, è chiamato, contro lo stesso avversario di allora, a provare a giocarsi la sua ultima possibilità di trionfo.

La finale è combattuta, ma Sampras ha la meglio in quattro set. Quattordicesimo Slam, pazzesco, ancora lui, ancora Pete… Per l’ultima volta Pete. Dopo il trionfo a Flushing Meadows non prese parte ad alcun torneo per i successivi dodici mesi, annunciando ufficialmente il suo ritiro soltanto alla vigilia dello US Open 2003, un anno dopo il suo ultimo grandissimo Slam.

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