Anche in questo 2023 siamo ormai all’inizio di Wimbledon: il torneo più iconico e più prestigioso della stagione tennistica. Cosa ci dobbiamo aspettare? Ecco 5 curiosità che devi assolutamente sapere sui Championship
- Se pensiamo alla durata di una partita di tennis, sicuramente la nostra mente va all’edizione di Wimbledon del 2010 e all’infinito match di primo turno Isner-Mahut durato ben 11 ore e che tuttora è rimasta la partita più lunga nella storia del tennis professionistico. Purtroppo o per fortuna, questa non è la normalità dei match che si svolgono ai Championship anzi, i match di Wimbledon tendono a durare in media fino a 10 minuti in meno rispetto a quelli giocati negli altri Slam del calendario. Il seguente grafico rappresenta per ogni Slam il valore mediano della durata di un match in minuti sia per le partite al maschile che per quelle al femminile.
La minore durata della partita è senza dubbio dovuta alla superficie di gioco usata. L’erba è una superficie molto veloce che aiuta i giocatori dal servizio potente e di conseguenza accorcia gli scambi durante i punti.
- Un’altra ragione che rende i match di Wimbledon più brevi è sicuramente la bassa percentuale di game che si protraggono ai vantaggi. A Wimbledon solo il 20% dei game finisce ai vantaggi mentre negli altri Slam la stessa percentuale è circa del 25%. Questo dato conferma ulteriormente la capacità dell’erba di velocizzare il gioco e rendere le partite più brevi.
- A Wimbledon si fanno meno errori non forzati?
Salta subito all’occhio come Wimbledon si discosti dagli altri Slam per una minore quantità di errori non forzati ma anche un numero maggiore di errori forzati. Questo significa che i giocatori a Wimbledon sono meno fallosi? In realtà no e per interpretare correttamente questo dato bisogna sapere che Wimbledon utilizza un metro di valutazione diverso per classificare gli errori commessi dai giocatori. Il torneo infatti è famoso per essere molto più indulgente con i giocatori e tende a considerare pochi errori come non forzati, ovvero totalmente dipendenti dal giocatore e non causati da pressione fisica o mentale. La conseguenza di questa diversa metrica è un importante discostamento rispetto a quello che fanno gli altri Slam ed è in realtà qualcosa di piuttosto comune nel tour dato che gli errori non forzati sono tra le misure più soggettive e quindi più difficili da valutare in maniera univoca. Per un approfondimento sugli errori non forzati ecco un link ad un altro mio lavoro, dove cerco di spiegare perché, secondo me, la classificazione degli errori forzati e non forzati non solo sia troppo soggettiva ma anche poco informativa per essere presa in considerazione.
- Il torneo di Wimbledon è stato vinto il 48% delle volte da giocatori che occupavano la prima o la seconda posizione del ranking. Ciò significa che un vincitore su due nella storia dei Championship è stato un giocatore al vertice della classifica. È un dato molto più alto rispetto a quello che vediamo se lo paragoniamo con gli altri tre Slam del calendario: Australian Open e Us Open seguono con il 41% mentre con il Roland Garros abbiamo solo il 38%. Sintomo di come Wimbledon sia uno Slam dalle poche sorprese e che spesso sia una questione riservata solo all’élite di questo sport
- Un altro dato che sottolinea come Wimbledon sia uno Slam per pochi è quello relativo al numero di vincitori diversi che sono riusciti a vincere il torneo: sono solo 44 i giocatori tra uomini e donne che possono vantare di aver alzato il trofeo almeno una volta nella giornata conclusiva dei Championship. Il dato è ancora più sorprendente se pensiamo che Australian Open, Roland Garros e Us Open hanno avuto almeno 56 vincitori diversi, segnale di come spesso chi ha vinto Wimbledon lo ha rivinto negli anni successivi e di come la vittoria di questo Slam sia un affare per pochi grandi campioni.
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