Roland Garros, Djokovic porta il conflitto in Kosovo nel cuore del Roland Garros

Al termine del proprio primo turno al Roland Garros (vinto in tre set con Aleksandar Kovacevic), Novak Djokovic ha richiamato l’attenzione sul conflitto in Kosovo degli ultimi giorni. Il serbo, sulla telecamera, ha lanciato un messaggio alla popolazione balcanica.

Cosa sta succedendo in Kosovo

Negli ultimi giorni nel Kosovo del nord è montata la protesta per l’insediamento di un sindaco albanese (che rappresenta appena il 3.5% della popolazione totale dell’area rispetto alla restante parte serba, che ha boicottato le elezioni). Il primo ministro, Albin Kurti, ha ufficialmente dato le chiavi della regione al nuovo sindaco e da lì è montata la protesta che ha visto il ferimento di 25 soldati e di almeno una cinquantina di dimostranti serbi.

In questo scenario, è voluto intervenire anche Djokovic che, al termine del proprio incontro di primo turno, ha scritto sulla telecamera a bordo campo “Il Kosovo è il cuore della Serbia. Stop alla violenza” (in serbo). Nella conferenza stampa ha aggiunto anche altre dichiarazioni, sottolineando il fatto di non voler entrare in merito a decisioni politiche già prese.

Il Kosovo è la nostra culla, la nostra roccaforte, il centro di molte cose importanti per il nostro paese. Ci sono molte ragioni per cui ho scritto quella cosa sulla camera. Non sono un politico e non voglio assolutamente entrare nel dibattito politico. Si tratta di una questione sensibile.

Di certo, da serbo, mi fa molto male vedere quello che sta succedendo in Kosovo e come sono state cacciate le nostre persone dagli uffici comunali nelle ultime ore. Il minimo che potevo fare l’ho fatto. Come figura pubblica e come figlio di un uomo nato in Kosovo mi sento la responsabilità di esprimere il sostegno alle nostre persone e alla Serbia intera.

Non ho rimpianti e lo rifarei di nuovo perché la mia intenzione è chiara. Sono contro la guerra, la violenza e i conflitti di ogni tipo e l’ho sempre mostrato in pubblico. Certamente provo simpatia per ogni persona, ma quello che sta succedendo in Kosovo può creare un precedente nella giurisprudenza di tutto il mondo”.

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