Il tennis, per antonomasia, è uno sport che vanta regole rigide. Sia per i giocatori sia per gli spettatori. A questi ultimi, ad esempio, è vietato muoversi o tifare mentre è in corso un punto.
Sebbene una parte degli addetti ai lavori supporti questo approccio tradizionale, c’è chi sostiene che tali limitazioni siano antiquate e che i tifosi dovrebbero essere coinvolti in modo maggiore. Stiamo parlando, ovviamente, di Frances Tiafoe…
Tiafoe è dell’opinione che agli appassionati di tennis dovrebbe essere permesso di tifare come nel basket. Lo statunitense ritiene che l’energia e l’eccitazione di una folla in visibilio possano creare un’atmosfera più coinvolgente sia per i giocatori che per gli spettatori stessi.
“Penso che durante gli incontri i fan dovrebbero essere liberi di muoversi, di parlare, di andare e venire”, ha spiegato il 25enne del Maryland ai microfoni di Forbes. “Immaginate di andare ad una partita di basket e non poter dire una parola”, ha aggiunto paragonando il tennis alla pallacanestro.
Tiafoe è noto per il suo gioco estroso, ma anche per la sua esuberanza. Lo sa bene il nostro Jannik Sinner che a Vienna 2021 dovette assistere – dall’altra parte del campo – ad un vero e proprio show dello statunitense. Uno show che di fatto indirizzò la partita, fino a quel momento saldamente nelle mani dell’azzurro.
Il giorno successivo al match ci furono tante polemiche. E noi ci schierammo apertamente definendo la vittoria dell’americano “regolare, ma drogata”.
“Io vado sempre in campo per gareggiare al massimo e col sorriso sulla faccia. Voglio portare il pubblico dentro il match e farlo sentire parte di questo pazzo viaggio che chiamiamo vita. E penso che gli spettatori gradiscano. Non lo faccio per attirarmi delle simpatie, ma perché sono fatto così”, si è giustificato Tiafoe. “Chi viene a vedermi spende dei soldi che ha faticato a guadagnare, io mi limito a fare tutto ciò che può aiutarmi a vincere”, ha ammesso.
Certamente Tiafoe potrà vantarsi in futuro di aver raggiunto la finale a Vienna superando Sinner in rimonta. Quello che in futuro non potrà fare è leggere il suo nome tra i giocatori più iconici della storia. Di modi e trucchi per vincere ce ne sono tanti, lui scelse quello meno rispettoso, con l’aggravante che si trovava davanti a un ventenne estremamente educato e corretto.
Dopotutto Frances è questo: “Non c’è nulla di più eccitante dell’Arthur Ashe Stadium durante una sessione notturna. New York di notte, tutti ubriachi, un’atmosfera assolutamente pazza”. Tanto per proporvi una delle sue affermazioni oltre le righe.
Ebbene, chi legge Tennis Fever sa perfettamente quanto la nostra linea editoriale sia votata al progresso e all’innovazione. Non c’è alcun motivo per non guardare al futuro e per non aprire la porta a cambiamenti che potrebbero migliorare questo sport, renderlo più appetibile alle nuove generazioni o agli “scettici”. Ben vengano le serie Netflix e la spettacolarizzazione di tutto ciò che è contorno all’evento. Ben vengano, inoltre, eventuali novità normative che abbiano l’obiettivo di mischiare le carte in tavole (sempre se non troppo fantasiose…).
Ma siamo anche dell’idea che il tennis è un gioco basato su regole scritte e, soprattutto, non scritte. Quelle non scritte fanno sì che il tennis sia il tennis, che venga mantenuta una certa tradizione, una certa aura magica che non vediamo perché dovrebbe dissolversi nella banalità.
Ecco, il messaggio che vogliamo trasmettere è: il mondo della racchetta ha la grande fortuna di possedere una propria identità, perché banalizzarla spingendo verso un’identificazione in qualcos’altro?
Non ce ne voglia il buon Frances – portentoso tennista e bravissimo ragazzo, attivo nel sociale e premiato nel 2020 con l’Arthur Ashe Humanitarian Award – ma tradizione e innovazione non fanno rima con banalizzazione, il tennis non è il basket. Continui pure a fare i suoi show, basta sia consapevole che il tennis è quello che è oggi e non il circo che prospetta lui.
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