In occasione dell’uscita della versione italiana del libro Tardi sulla Palla (add editore), abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore, Gerald Marzorati. È stato un onore potersi rapportare con un professionista del settore del giornalismo, che è stato tra le altre cose caporedattore del New York Times Magazine ed ora scrive di tennis per il Times e il New Yorker. Vogliamo ringraziarlo per la cordialità e la gentilezza mostrata fin da subito e raccontarvi la storia di una persona animata da una grandissima passione verso il nostro sport.
Ben trovato Gerald, innanzitutto volevamo complimentarci per il libro, un lungo viaggio attraverso il tennis vissuto dopo una certa età. Da dove nasce la tua passione per il tennis e perché hai deciso di iniziare a praticarlo dopo i 54 anni?
“Buonasera a voi, il piacere è tutto mio. Amo guardare il tennis dagli anni ’70, quando c’è stato il boom del movimento in America con gli scontri tra McEnroe e Borg, oltre a quelli di Chrissie (Chris Evert ndr) e Martina (Martina Navratilova ndr). Il problema è che dove sono nato io, a Paterson, New Jersey, in una famiglia della classa operaia italo-americana (i miei genitori sono venuti in America da Cantù in Lombardia) in un quartiere della classe operaia, non c’erano campi da tennis. Le persone non seguivano il tennis, figurarsi se ci giocavano. Come giovane giornalista, non avevo i soldi per permettermi delle lezioni con un maestro. Dopo, con il matrimonio e la famiglia, è stato il tempo a mancare. Ma a 54 anni, con i figli al liceo e pronti per il college, avevo il tempo per prendere lezioni da un maestro ed imparare. E sappiamo tutti quanto tempo richiede il tennis per essere appreso. Una volta un maestro mi ha detto: ‘La cosa che ha il tennis è che ci metti tre anni solo per diventare scarso’”.
Chi sono le persone più ‘curiose’ che hai mai incontrato su un campo da tennis? Puoi dirci qualche nome?
“Onestamente, non posso dire di aver mai incontrato persone ‘curiose’ su un campo da tennis. Beh, sicuramente persone che urlavano, imprecavano e rompevano racchette. È un gioco che ti fa mostrare il peggio di te, il tennis. Poi giocando in singolo sei solo. Così le persone diventano emotive, è logico. Ma giocando, non ho mai incontrato uno alla Fabio Fognini per intenderci. Che personaggio lui! Un paio d’anni fa faceva coppia con Djokovic ad Indian Wells. Ho visto una loro partita e per tutto il tempo Fognini sussurrava e parlava a Djokovic, che nel mentre era tra il divertito e l’imbarazzato. Scuoteva sempre la testa. Dopo la partita ho chiesto a Novak cosa gli stesse dicendo Fabio e lui, ridendo, mi ha detto: ‘No, no, non posso ripetere in pubblico quello che stava dicendo’”.
Pensi che il tennis, in termini di emozioni, sfide, agonismo e sforzo fisico, sia lo sport migliore per le persone dopo i 50 anni?
“Il tennis non è per tutti, soprattutto per la difficoltà. Ma il tennis in singolo è una delle più belle sfide fisiche, mentali ed emotive che tu possa affrontare a quell’età. In più, puoi giocarci fino a quando ne hai voglia”.
Se potessi scegliere un giocatore con cui fare due scambi sul campo tre del West Side Tennis Club di Forest Hills, chi sceglieresti?
“Federer. Niente nel tennis è stato più meraviglioso del gioco di Federer sull’erba”.
Credi che il tennis abbia aggiunto qualcosa alla tua vita? Se sì, cosa?
“Il tennis mi ha insegnato ad essere paziente. In tutta la mia vita non lo sono stato, credevo che per poter reggere i ritmi di vita e le scadenze da giornalista avrei dovuto essere sempre impaziente. Ma per raggiungere i tuoi obiettivi in campo devi avere pazienza: per esempio, aprirsi il campo per fare punto richiede pazienza. Il tennis mi ha anche insegnato che si possono creare amicizie anche da adulti e non solo da ragazzi. Si è creata una bella comunità di appassionati al circolo. Adoro le persone con cui gioco, avversari in campo, ma compagni di bicchieri di vino o birra dopo le partite. Questo è molto importante quando arrivi all’età della pensione”.
Il tuo libro si apre con la frase ‘Non ti sembra piccolo il campo?’, ti sembra ancora così piccolo?
“Sì, mi sembra ancora piccolo. Soprattutto quando tiro qualche dritto fuori di poco. Ma un campo da tennis può contenere così tanto… tanti drop shot, tanta energia e stanchezza, tanto sconforto e gioia. Tanto di tutto. Il campo da tennis è un pezzo di terra in cui si sviluppano delle vite, o comunque, almeno per me, importanti parti della mia vita. Sento un brivido ogni volta che entro su un nuovo campo”.
Grazie mille per il tempo concesso Gerald.
“Grazie a voi, è stato un piacere”.
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