Una finale gli manca dal 23 ottobre dello scorso anno, quando fu battuto da Lorenzo Musetti all’Atp 250 di Napoli. I problemi fisici, invece, continuano a perseguitarlo impedendogli di trovare una condizione accettabile. Perché si sa, un corpo come quello di Matteo necessità di parecchio tempo per carburare.
Berrettini sta vivendo un periodo sulle montagne russe, contrassegnato da una storia d’amore appena sbocciata – quella con l’ex velina Melissa Satta -, da un altissimo livello di notorietà a livello internazionale e da una crisi di risultati inaspettata. Una marea di critiche, la “naturale” conseguenza di tutto ciò. Critiche che hanno portato il quasi 27enne romano ad uno sfogo a cuore aperto ai microfoni de La Repubblica. Vi proponiamo un estratto delle sue considerazioni.
Le parole di Matteo Berrettini
“Cosa vogliono da me? Me lo sono chiesto, e una risposta credo di averla: più diventi esposto e diventi bersaglio di attacchi, soprattutto se le cose non vanno come vorresti, o come la gente vorrebbe”, afferma Berrettini ai microfoni del noto quotidiano. Poi aggiunge: “Personalmente non ho alcun dubbio rispetto a quello che sto facendo: non sento di aver preso una strada diversa dal tennis. Sono lo stesso ragazzo di sempre”.
Incalzato, invece, sulla crisi di risultati, Matteo risponde: “Non è così per tutti i lavori, le carriere?”. “Ci sono momenti in cui si lavora di meno. Inseguo solo i miei sogni e la mia carriera. Sui social si può gettare odio in maniera troppo facile. Eppure allo specchio vedo un ragazzo che vive con tranquillità: sono educato, non ho mai insultato nessuno, mai una parola fuori posto in nessun commento”, spiega.
Anche sulla love story con Melissa Satta, Berrettini ha le idee chiare: “Noi ci siamo trovati… ma stiamo parlando di un fatto privato, molto positivo e di cui sono felice. Io sono riservato e amo la privacy (anche se poi ho fatto entrare Netflix nel mio quotidiano), e sapevo che scegliendo una persona dello spettacolo i riflettori sarebbero stati accesi. Però, è sempre come uno vuole vederla, no? Non è una colpa se siamo seguiti e ci fanno le foto. Sto avendo una relazione sentimentale come tutti gli altri ragazzi della mia età. Normale. E anche qui mi spiace che una cosa totalmente positiva, che è un sentimento poi, venga girata come una distrazione professionale. Posso dire? È irrispettoso parlarne così, mi spiace che venga letta così. Fortunatamente non da tutti”.
“Manca equilibrio. Ci siamo abituati ai big three”
“Al di là degli haters mi spiace per quelli che di tennis ne sanno: non sono critiche costruttive e non ne capisco le ragioni. […] Non è che si sale sempre in termini di prestazioni. Siamo umani: ci sono le emozioni, la stanchezza, gli incidenti. Manca un pochino di equilibrio. Lo vorrei da quelli che hanno fatto questa vita: per insegnare e mostrare che la cultura sportiva si può insegnare. Capisco che ci siamo abituati ai Federer-Djokovic-Nadal che hanno dominato il tennis facendo sembrare normale essere n. 1 per 10 anni, invece non lo è”, osserva Berrettini (riferimento alle critiche di Pietrangeli?).
“Io parlo col mio team e non vedo preoccupazione, ma un momento in cui bisogna lavorare e stare sul pezzo. Dico, e sfido chiunque, ad avere i miei incidenti e poi portare a casa risultati. So di avere la stoffa giusta per andare avanti”, continua l’azzurro. E invece “sembra che per alcuni la felicità dipenda se vinco o perdo io, e sfogano così la loro frustrazione. A me spiace esserne il mezzo. Per me lo sport dovrebbe essere usato come gioia: ci si può arrabbiare per la sconfitta, ma non insultare”, sottolinea Berrettini.
Dal Matteo ragazzino alla finale di Wimbledon. Poi il presente
“Mi sembra poco tempo fa che cominciavo e giocavo il primo torneo. Penso alla finale di
Wimbledon: sono quasi due anni e sembra ieri. Il tennis è un viaggio bello, ma intenso con poco tempo per godersi quello che uno ha fatto. Forse, lo dico a posteriori, quand’ero più piccolo avrei voluto conoscere come gestire meglio gli extra: contratti, media, programmazione. Da ragazzino pensi solo al campo. Sapere che dopo un grandissimo risultato me ne sarebbe stato chiesto un altro… è che nel tennis il punto d’arrivo non c’è. Funziona che devi avere un piano, ma poi anche saper adattarti. Improvvisare. Perché se
sei troppo rigido poi ti spezzi”.
“Come si passa dalla finale di Wimbledon al presente? Non c’è una formula magica. Alla fine quello che faccio è per me e per le persone che mi sono vicine. La fama è un plus. Anche se talvolta destabilizza perché se voglio cenare devo trovare soluzioni per avere un minimo di intimità. Penso che le questioni personali vadano rispettate, non disturbate. Ma nessuno può prepararti a questo, la soluzione è che ti devi immergere nella dimensione e provare a gestirla”.
Il messaggio di normalità e l’appello
“Mi piace lasciare questo messaggio di normalità: mi sveglio la mattina con le stesse paure, l’ansia e gli stessi pensieri di qualsiasi altro 27enne, italiano e del mondo. Quindi dico: cerchiamo di giudicarci meno, io ci provo in primis”.
Sugli infortuni e sul futuro
“Mi chiedo se sto sbagliando qualcosa, ma la verità è che mi spingo sempre al limite, e il tennis è sport molto stressante per il fisico e la mente. Ora cerco di vivere con uno stato di angoscia minore, meno teso e meno rigido in campo e più rilassato nel quotidiano. Futuro? Ho tanta fiducia. Ho voglia di far parlare di me solo in maniera sportiva, fare emozionare le persone. Che è quello che mi interessa di più”.
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