Da Connors a Borg, Barazzutti a tutto campo: “Panatta? Rivalità fomentata. E sugli azzurri…”

Domenica 19 febbraio l’amato Corrado Barazzutti ha raggiunto il traguardo dei settant’anni. Per l’occasione ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport in cui ha ripercorso vari momenti della sua carriera e fatto alcune considerazioni sui nuovi top player del movimento azzurro. Ve ne proponiamo un estratto molto interessante.

Corrardo Barazzutti a tutto campo

barazzutti
Foto Twitter CONI

Si parte dai suoi primi passi nel mondo del tennis. E si scopre che quello tra Barazzutti e la racchetta è un connubio nato per “una serie di fortunate coincidenze”. “Nel mio stesso condominio, abitava il povero Roberto Lombardi e così abbiamo cominciato a giocare sul pianerottolo. Mio padre era amico del custode del Circolo che stava dall’altra parte della strada e per evitare che combinassimo disastri in casa mi ha portato lì”, racconta il friulano. Poi aggiunge: “All’inizio non era la prima scelta, ma poi credo di essermi tolto delle discrete soddisfazioni”, afferma il friulano

L’ex numero 7 al mondo, vincitore di 5 titoli in singolare, ne ha affrontate di battaglie. Dovendo scegliere quella più bella afferma: “Nel 1973 in Davis a Praga contro la Cecoslovacchia: Panatta e Bertolucci squalificati per la vicenda Pilic a Wimbledon, io gioco titolare e nella prima partita batto Kodes che ha appena vinto lo Slam londinese. E in ogni caso ricordo con affetto tutte le partite lottate”.

Ma la carriera di un giocatore non è mai tutta rose e fiori. “Quale partita vorrei rigiocare? Non c’è dubbio, la semifinale del 1978 agli US Open, quella in cui Connors mi cancellò il segno buono della pallina: senza quella furbata, avrei anche potuto rimontarlo. È la sconfitta che ho faticato di più a metabolizzare”, afferma Barazzutti ancora scottato. Anche lo zero nella casella delle finali slam raggiunte in carriera rappresenta una nota amara: “Tra il 1977 e il 1978 avevo certamente il livello per giocare almeno una finale. E credo me lo sarei pure meritato”.

Quando, invece, è chiamato ad indicare l’avversario più forte che abbia affrontato, Barazzutti risponde sicuro: “Borg tutta la vita: aveva un gioco che non riuscivo a digerire. Con tutti gli altri, sapevo che potevo avere delle chance, con lui ero battuto in partenza”.

Passando ai ricordi dolci, Barazzutti commenta così il trionfo azzurro in Coppa Davis nel 1976: “Siamo diventati personaggi senza volerlo e i risultati ci hanno aiutato. Forse quando c’eravamo dentro non ce ne siamo resi conto, ma dopo ci è apparso chiaro che eravamo diventati un volano per il nostro sport. E ne vado orgoglioso”.

Sulla rivalità con Panatta tira fuori gli artigli e risponde polemico: “Spesso fomentata dai media. Sicuramente tra noi c’era rivalità sportiva e avevamo caratteri diversi, ma non è mai mancato un grande rispetto reciproco. E in nazionale siamo sempre passati oltre le incomprensioni. Solo che l’Italia ha sempre bisogno di contrapposizioni: così Adriano ed io siamo diventati il Coppi e il Bartali del tennis”.

In seguito a Barazzutti viene fatto notare che la stragrande maggioranza dei giocatori di oggi scendono pochissimo a rete, molto meno di quanto abbia fatto lui in passato. Pure in questo caso il friulano non le manda a dire: “Mi definivano pallettaro? Ormai ci ho fatto il callo, quando ti appioppano un’etichetta è difficile uscirne. E poi torniamo al punto di partenza: se Panatta era il giocatore elegante e tutto d’attacco, io per forza dovevo essere il faticatore tutto corsa e cuore. Coppi e Bartali, appunto”.

Appesa la raccheta al chiodo, Barazzutti si è cimentato nella carriera di allenatore e dirigente svolgendo un ruolo fondamentale nel cosiddetto “rinascimento azzurro”: “Il progetto era di tutti, in primis della Federazione. Ma io mi riconosco il merito di aver riportato allo stesso tavolo i dirigenti, i giocatori e gli allenatori privati: una sinergia che poi ha dato frutti enormi. Quando sono arrivato, nei rapporti tra federazione e coach personali c’era l’inferno”.

Infine, il commento riguardante il futuro prossimo dei top player nostrani: “Vittoria Slam? Berrettini ci è andato molto vicino a Wimbledon, Sinner se sta bene è un top player, Musetti ha grandi margini. Entro tre anni, ne sono certo, torneremo a festeggiare. Piuttosto, spero che in Coppa Davis quest’anno i nostri stiano tutti bene: credo sia arrivato il momento per non lasciare più soli noi eroi della vittoria del 1976”.

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