Matteo Berrettini ha concesso una lunga intervista a Denis Tarantello per la rubrica “Un giorno con…” di Red Bull. Il romano ha raccontato la sua vita dai primi passi nel mondo del tennis fino ad oggi, che è uno dei massimi rappresentanti italiani di questo sport.
Molto spesso analizziamo solamente le loro prestazioni in campo, sapendo molto poco di come vivono o abbiano vissuto lo sport che ci appassiona. I tennisti sono sempre soli sul terreno di gioco e accompagnati in giro per il mondo da una manciata di persone. Una vita divisa tra aerei ed hotel che, all’inizio, può sembrare bella e facile, ma vivendola da vicino si capisce quanto sforzo e forza di volontà porta questi ragazzi a non arrendersi di fronte alle difficoltà.
In un recente video apparso sul profilo YouTube di Red Bull Italia, Berrettini ha voluto raccontare la sua vita da tennista e ha risposto alla polemica nata dalle parole di Nicola Pietrangeli nei suoi confronti.
“A 19 anni, dopo il liceo, avevo avuto diverse borse di studio dal college per andare a studiare negli Stati Uniti: i miei genitori spingevano perché facessi questa esperienza. Io alla fine ho deciso di rimanere in Italia per cominciare a fare le cose più seriamente visto che la Federazione mi aiutava, era una scommessa ed è andata bene.
Quanto guadagno? Guadagno tanto in relazione a quello che avrei pensato. Inizialmente il mio obiettivo era quello di poter vivere col tennis, sicuramente non quello di fare la storia del tennis italiano. Più cresci e più riesci ad avere un team più ampio con figure come l’osteopata, il fisioterapista, il mental coach. Il tennis è uno sport molto complicato proprio perché ti devi pagare tutto da solo: aerei, alberghi e staff.
Non è semplice questo mondo: in un anno si prendono anche 50 aerei, si va in tre continenti diversi in un mese e mezzo, temperature diverse, climi diversi. In pratica vivi più in una camera di hotel che in casa. Quando ho cominciato a ottenere i primi risultati dormivo peggio, avevo delle afte in bocca che erano legate allo stress: sono dovuto andare da un medico a farmi vedere. Devi gestire e convivere con le pressioni e per me è successo tutto velocemente, non ero abituato.
Nella mia carriera ho commesso degli errori, ho voluto fare di testa mia anziché ascoltare il parere di persone che mi stavano vicine. Questo fa parte della formazione e della crescita. Per fortuna i miei genitori mi seguono sempre e quando possono vengono a vedermi giocare ai tornei. Con mio fratello specie nel periodo di off-season mi alleno: certo, le distanze rendono difficili relazioni amorose e affettive, io mi sono sempre circondato di persone che giocano a tennis e che sono in questo mondo come me”.
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