“Ha solo 21 anni ed è al 15esimo posto del ranking. È fantastico“. Parliamo ovviamente di Jannik Sinner, il più giovane tennista italiano a vincere un torneo Atp, il più giovane tennista italiano ad entrare in top-10 del ranking mondiale, il più giovane tennista italiano ad aver raggiunto i quarti di finale in tutti i tornei del Grande Slam. Eppure, l’incipit sopra citato non è l’attacco di un pezzo celebrativo. No, è il modo in cui l’Equipe – quotidiano sportivo francese tra i più famosi al mondo – apre il passaggio di un articolo in cui inserisce Sinner tra le grandi delusioni del 2022 tennistico, insieme a Emma Raducanu, Hugo Humbert e Gael Monfils.
“Aveva iniziato l’anno nella top ten ed era considerato il giovane che tutto poteva vincere”, prosegue l’articolo. “Così precoce, così potente, così forte mentalmente. Invece l’anno è passato, con un cambio di allenatore e l’addio a Riccardo Piatti, e tutto è relativamente ristagnato rispetto alle sue ambizioni. Certo sembra un passaggio fisiologico per adattarsi alle nuove esigenze, e non si può dimenticare che Sinner non è stato risparmiato da alcuni infortuni”.
“Ma dopo i suoi quattro titoli nel 2021 – scrive l’Equipe – Sinner ha vinto un solo torneo: a Umago. A volte è venuto meno in momenti chiave in partite importanti. Il suo gioco mozzafiato ha peccato per mancanza di varietà o audacia. Nei suoi tre quarti di finale del Grande Slam, non è mai stato in grado di superare il turno. Svogliato contro Stefanos Tsitsipas a Melbourne, senza soluzioni contro Novak Djokovic a Wimbledon nonostante fosse in vantaggio di due set, e infine travolto da Carlos Alcaraz agli US Open in un match monumentale”.
Parole che hanno fatto breccia tra gli appassionati italiani e i tifosi di Jannik, che non hanno per niente preso bene il fatto che il loro beniamino sia finito sotto il tiro del quotidiano francese. Ma quanto c’è di vero nelle parole dell’Equipe?
Riavvolgiamo il nastro e torniamo, come ha fatto il giornale transalpino, all’inizio del 2022, o meglio, alla fine del 2021. Sinner termina la stagione alla grandissima. Alla fine saranno 46 vittorie su 68 match disputati, quattro titoli in bacheca e decimo posto nella classifica mondiale. Nello swing di fine anno sul cemento indoor europeo è un rullo compressore: vince a Sofia in back to back, vince ad Anversa, in semifinale a Vienna viene eliminato da Frances Tiafoe dopo aver dominato per un set e mezzo in lungo e in largo. E, beneficiando dell’infortunio patito da Matteo Berrettini all’esordio, fa il suo debutto alle Atp Finals di Torino, sconfiggendo nettamente l’amico Hubert Hurkacz e costringendo l’allora numero uno del mondo Daniil Medvedev al tie-break al terzo set.
Insomma, le aspettative per il 2022 erano altissime. Tutto sembrava presagire ad un’altra annata piena di successi. E se guardiamo ai risultati, dal punto di vista strettamente numerico, è difficile poter parlare di Jannik come “la delusione dell’anno tennistico appena finito”. Ha giocato meno tornei ma ha una percentuale di vittorie più alta rispetto al 2021 (74,6% contro 69%), ha raggiunto i quarti di finale in tre Slam su quattro, fermandosi agli ottavi solo al Roland Garros mentre stava dominando contro Andrey Rublev. A Wimbledon (dove forse si è vista la miglior versione di Sinner di questo 2022) era due set avanti contro Djokovic e avrebbe portato a casa il match contro chiunque non si chiamasse Novak e non fosse nato a Belgrado nel 1987. A New York ha avuto un match point contro Carlos Alcaraz, prima di perdere al quinto in uno dei match più belli degli ultimi anni e precludersi la possibilità di vincere il primo Major. Insomma, una narrazione ben diversa rispetto a quando si parla di un Sinner “svogliato”, “senza soluzioni” o “travolto da Carlos Alcaraz”.
Certo, ha finito molto male. Nella breve stagione sul cemento indoor, suo terreno di caccia preferito, ha deluso, soprattutto perché condizionato da svariati problemi fisici (come in generale nel resto della stagione). Ma insomma, nel complesso, ci sentiamo di dire che il giudizio dell’Equipe pare davvero ingeneroso: ci si aspettava di più da Sinner nel 2022? Sì. Può essere considerata una stagione deludente per lui? Forse, sotto alcuni aspetti sì? Possiamo considerarlo la grande delusione del circuito? Sicuramente no. Anche perché, con tutto il rispetto, Hugo Humbert – messo sullo stesso piano di Jannik – è finito fuori dai radar del tennis che conta.
Fugato il dubbio sulla definizione di “delusione dell’anno”, per noi totalmente sgangherata, non possiamo però omettere di sottolineare alcune problematiche evidenziate – in alcuni momenti anche palesemente – nel corso della stagione appena conclusa. In primis, come detto, i problemi fisici. Il Covid è toccato più o meno a tutti, i malanni stagionali pure. Ma prima ci si sono messe le vesciche (a Miami), poi gli infortuni all’anca (a Roma), alla caviglia (Wimbledon), ancora alla caviglia (Sofia) e infine al dito di una mano, cosa che l’ha costretto a dare forfait anche in Coppa Davis.
“Il gioco ce l’ho, il tennis ce l’ho, ora sto lavorando per avere una preparazione atletica adeguata per arrivare dove voglio”, ha detto Sinner, che si sta preparando in Spagna per la nuova stagione. Non c’è dubbio che questo sia un aspetto cruciale per lui e il suo team, ed è assolutamente necessario intervenire per invertire una tendenza che finora l’ha penalizzato decisamente troppo.
Ma quello fisico non è l’unico fronte che ha condizionato la stagione dell’altoatesino. E qui dobbiamo tornare all’inizio di questo 2022, quando, in particolare a Melbourne. A differenza dell’anno precedente, quando era stato sconfitto all’esordio da Denis Shapovalov, questa volta Jannik fa strada e raggiunge abbastanza comodamente i quarti di finale. Ad attenderlo c’è Stefanos Tsitsipas, per quella che viene considerata la prima vera prova di maturità della stagione. Sinner, inaspettatamente, crolla sotto i colpi semplici (servizio e dritto), potenti e precisi del greco, che non gli lascia scampo e lo annichilisce in tre set.
Quella sconfitta è la goccia che fa traboccare un vaso che nessuno aveva visto riempirsi così impetuosamente. Sinner non è contento del suo gioco (che pure era migliorato già molto in alcuni fondamentali chiave come il servizio o la risposta), è convinto che per fare il salto di qualità serva altro. E così decide di lasciare il suo coach-chioccia Riccardo Piatti, con una separazione che si è rivelata più traumatica di quello che ci si potesse aspettare, non solo per l’allenatore che rimane estremamente deluso dalla decisione maturata dal suo pupillo.
Jannik si affida prima a Simone Vagnozzi e poi al super-coach Darren Cahill, che ha lavorato, tra gli altri, con gente del calibro di Andre Agassi, Andy Murray e Simona Halep, solo per citarne alcuni. L’obiettivo è chiaro: cambiare il suo gioco, farlo evolvere dalla dimensione di “martello” da fondo campo e offrirgli così più variazioni e più soluzioni. Un processo che richiede tempo, che implica la perdita di alcune certezze e che necessità di costanza. I problemi fisici, in questo processo, non sono contemplati. Solo giocando con continuità Sinner può raggiungere il suo obiettivo.
Spesso riesce comunque a tirarsi fuori dai guai grazie al suo infinito talento e alla capacità di non mollare mai dal punto di vista mentale. Ma le difficoltà si appalesano a tratti e non mancano gli incidenti di percorso. La partita contro Felix Auger-Aliassime a Madrid, per esempio, è paradigmatica e può essere considerata una delle più brutte della sua carriera.
Il ragazzo di San Candido però ha un grande pregio, quello di parlare poco e lavorare tanto. Il 2023 potrebbe essere per lui l’anno della definitiva consacrazione. La concorrenza è agguerritissima: Alcaraz su tutti, gli eterni Djokovic e Nadal, il solido Ruud, gli incompiuti Zverev, Medvedev e Tsitsipas, i fenomeni Auger e Rune, gli amici Berrettini e Musetti. Sarà un altro anno straordinario. Non sono pochi i casi nella storia del tennis in cui i grandi si sono rivelati tali dopo una o due stagioni di assestamento seguite ad un grande cambiamento. Jannik ha tutte le carte in regola per vincere la propria scommessa e noi non vediamo l’ora di riprendere a raccontare la sua storia.
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