“Con questo piazzamento, l’Italia è di nuovo tra le quattro formazioni più forti del mondo e, per la prima volta del 1979, è la squadra più forte d’Europa al pari della Croazia. In una competizione storicamente dominata da Stati Uniti e Australia, che sommano 60 trofei vinti su 109 edizioni disputate (pari a oltre il 55% del totale), essere di nuovo la nazione più forte d’Europa è un grande vanto”. È quanto si legge in una nota rilasciata dalla Federtennis, per ricordare il prestigioso traguardo raggiunto dalla squadra azzurra nell’edizione 2022 della Coppa Davis.
Eppure resta l’amaro in bocca per quello che poteva essere ma non è stato. Mai come quest’anno c’erano tutti i presupposti per centrare un’impresa che manca da lontanissimo ’76. Un sogno accarezzato con più di un dito, poi inesorabilmente sfumato nel momento che sembrava stesse per realizzarsi.
Le assenze di Jannik Sinner e Matteo Berrettini (anche se poi il romano è stato utilizzato in extremis), unite all’infortunio che ha impedito a Simone Bolelli di giocare la decisiva partita di doppio contro il Canada, sono la sintesi perfetta della stagione travagliata che ha attraversato il movimento nostrano, sempre più al top ma ancora un gradino sotto l’olimpo di questo sport. È solo sfortuna, oppure c’è da fare autocritica?
Sfortuna tantissima, su questo non c’è dubbio. Ma, al di là della mala sorte, sicuramente la scelta di capitan Filippo Volandri di schierare Berrettini al posto di Bolelli merita di essere l’argomento più caldo di queste ore. Matteo era in pessime condizioni: non sarebbe stato meglio lanciare l’ottimo doppista Lorenzo Sonego nonostante la stanchezza? Si poteva puntare su Lorenzo Musetti? Perché Volandri non ha convocato nessuno in sostituzione di Berrettini? Beh, sono tutte domande lecite, e noi condividiamo in parte lo scoramento, i “sospetti” e le perplessità degli appassionati. Però…
Giusta la critica. Se avete colto, non ci siamo risparmiati. E siamo sicuri che chi detiene del redini del team azzurro adesso è tormentato dagli interrogativi. Ma a nostro parere non è necessaria alcuna caccia al colpevole (in giro c’è chi chiede la testa di Volandri). Le scelte sono scelte, a volte si rivelano vincenti altre meno. E non ci sembra che l’Italtennis stia andando in una direzione sbagliata, per usare un eufemismo. Inoltre, senza controprova, non possiamo dire con certezza che diverse decisioni avrebbero portato a un risultato vincente.
Infine, ci teniamo a ricordare che il tricolore si ama incondizionatamente. Bisogna tenere conto che come siamo delusi noi lo sono anche i protagonisti. Tutti gli azzurri in campo (e fuori) non avrebbero voluto altro che la vittoria del torneo. Vi lasciamo alle loro parole semmai aveste ancora qualche dubbio in merito.
“Innanzitutto, voglio fare i complimenti alla squadra. I ragazzi sono stati tutti molto bravi, a cominciare da un Lorenzo Sonego a dir poco clamoroso e finendo con un Matteo Berrettini che si è messo a disposizione pur essendo ancora in condizioni fisiche precarie. Per come siamo arrivati qui a Malaga, questa semifinale è un miracolo. Siamo fra le prime quattro squadre del mondo e questo gruppo ha dimostrato una straordinaria voglia di riportare la Coppa Davis in Italia: noi faremo di tutto per aiutarlo a raggiungere questo obiettivo”.
“La sconfitta brucia e sarebbe stupido dire il contrario. Deve bruciare e questo deve servirci per il futuro. Ciò che posso dire, però, è che non avrei potuto chiedere ai ragazzi niente di più di ciò che hanno dato. Abbiamo dato tutto contro un’avversaria fortissima, giocandoci il doppio fino all’ultima palla. Complimenti ai rivali ma sono fiero e contento del mio team. Ho la fortuna e il privilegio di avere a disposizione dei giocatori fortissimi. Siamo dispiaciuti per la mancata finale, ma ai ragazzi ho detto che rispetto a Bologna ci troviamo molto più avanti in un percorso iniziato comunque da poco. Siamo un gruppo, giochiamo da gruppo, e questo ci permette di emergere dalle situazioni delicate e di gestire bene anche le emergenze, ultima in ordine di tempo l’infortunio di Bolelli. Quando è emerso il problema di Simone, Matteo si è allenato ed era pronto. Ho scelto lui perché è un giocatore abituato a giocare su questi palcoscenici. Ho cercato di sfruttare al meglio le potenzialità della mia squadra. Matteo era venuto qui con un altro ruolo, era impensabile che giocasse: poi è successo qualcosa di speciale, che mi rende ancora più fiero dell’intero team. Ogni volta che chiedo qualcosa, ognuno di loro fa tutto il possibile per
accontentarmi”.
“So di non aver giocato la mia miglior partita e so di poter fare molto di più. Ma ci ho provato. Sono sceso in campo con l’obiettivo di metterci il cuore e di fare il possibile, fino all’ultimo punto. Altre volte mi sono sentito meglio, altre colpivo meglio la palla o rispondevo meglio, ma spesso in Davis ciò che conta è scavare dentro se stessi e provare a dare tutto. L’ho fatto. C’è tanto amaro in bocca, ma abbiamo gettato delle basi molto positive per il futuro. Descrivere la mia stagione è complicato, ci sono state cose positive e tanti buoni risultati, ma anche sfortune e momenti difficili. Viste le difficoltà che ho avuto non posso dire sia stato un anno negativo, perché mi è servito a sforzare la mia mente a pensare sempre positivo. A un certo punto ho anche pensato di chiudere la mia stagione in anticipo, ma ancora una volta mi sono messo d’impegno per provare a resistere. Quindi non ho il rimpianto di aver giocato questo doppio. Sicuramente avrei preferito un altro risultato, stanotte prendere sonno non sarà facile, ma sono orgoglioso di ciò che ho fatto dopo un periodo veramente difficile”.
“Sono molto triste perché abbiamo avuto le nostre chance. Purtroppo, sappiamo come può essere il doppio: bastano due punti qui e due lì per perdere la partita. Io provo sempre a dare ciò che ho: se ho 10 do 10, se ho 100 do 100. Sono amareggiato e vado a casa molto deluso, anche perché alla mia età non so quanti altri incontri di Coppa Davis mi rimangano da disputare”.
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