Roger Federer ha affrontato diverse difficoltà prima di diventare il campione che tutti conosciamo. Nella lunga intervista per BecomingX, il programma YouTube di Bear Grylls che ha come scopo ispirare i giovani, Federer ha parlato della prima sconfitta per 6-0 6-0 e del suo inizio di carriera.
La prima sconfitta 6-0 6-0 al primo torneo
Lo svizzero è voluto partire dagli albori e dai primi momenti con una racchetta in mano. L’esordio non è stato dei migliori, al contrario di quello che ci si poteva aspettare:
“Nella mia primissima partita ho perso 6-0 6-0. Avevo sentito alcune voci secondo cui la Federazione stava dicendo una cosa del genere: ‘Beh, forse non è così bravo come pensavamo’. Non ho smesso di allenarmi duramente e ho iniziato a disputare più tornei.
Ho anche cominciato ad avere più successo, sempre da junior, per lo meno nella mia zona. Sono diventato Campione Nazionale per la prima volta a dodici anni”.
Lo spostamento a Zurigo
Federer ha poi parlato delle difficoltà a rimanere lontano da casa durante la sua permanenza nel Centro Nazionale di Zurigo:
“Così, a quattordici anni, eccomi a Zurigo. Stavo in una grande famiglia dal lunedì al venerdì, poi nel weekend tornavo dai miei, ho sentito un sacco di nostalgia di casa per i primi nove mesi. I miei risultati calarono, persi la fiducia, non riuscivo a parlare la lingua.
Ero davvero in difficoltà. È stato un momento piuttosto complicato. Credo che siano stati quelli gli anni più influenti della mia vita. Si trattava di rimanere lontano da casa, continuare a lottare ed avere la responsabilità di capire come funzionano le cose, certe volte da solo”.
Il mentore Peter Carter
Le ultime parole dell’intervista sono dedicate a Peter Carter, mentore e figura centrale nella vita di Roger, scomparso nel 2002:
“Quando avevo sedici anni, Peter Carter si unì al Centro Nazionale di Zurigo e divenne il mio mentore. Se il mio livello di gioco è quello di oggi, probabilmente il merito va dato a lui. La notizia della sua morte mi sconvolse e mandò in pezzi il mio mondo. In un certo senso, è stata una sorta di campanello d’allarme per me. Forse è stato quello il momento in cui ho cambiato marcia e ho deciso di fare sul serio col tennis”.
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