Attraverso le pagine di una (se non la) delle migliori biografie sportive mai pubblicate, Andre Agassi ha raccontato a più riprese i momenti di odio e amore vissuti per il tennis. In un’intervista di qualche anno fa al The Guardian, ha approfondito la questione.
I Hate You, I Love You
Agassi è stato uno dei volti del tennis mondiale negli anni ’90 e ’00. Un giovane ribelle, che ha dato un’impronta tutta sua al gioco con la pallina gialla e che ha segnato epoche. Lo stesso successo ottenuto in campo, l’ha avuto anche grazie alla sua biografia, Open, che ha svelato i lati più oscuri del campione americano.
In particolare, uno degli aspetti che viene maggiormente fuori dal libro (ripreso anche in un’intervista al The Guardian) è l’amore e odio nei confronti del tennis.
“La vera tragedia interiore stava già accadendo quando avevo successo. Si trattava del fatto che mi sentivo disconnesso dal gioco. Nonostante fossi bravo, sentivo un risentimento e un odio nei confronti del tennis. Questa disconnessione l’ho avuta ancora di più dopo essere diventato numero 1 del mondo, in quel momento pensavo che tutte le mie mancanze potessero essere riempite, ma non era così. Mi sentivo nullo. Sono decaduto in diverse maniere. In alcuni casi, si è trattato di una mancanza di duro lavoro. In altri, mi sono auto inflitto danni con le droghe. Ho trovato diverse maniere per farmi del male.
A un certo punto, però, mi sono reso conto che, nonostante non avessi scelto la mia vita, non avevo diritto a non viverla nel migliore dei modi. È stata la mia epifania che, però, non ha cambiato la mia vita totalmente. È quello che ne fai tu di loro che può cambiartela. Questo è accaduto quando ho visto dei bambini che non avevano nulla e ho capito che era molto peggio dell’imposizione vissuta da me in prima persona.
Mi sono sentito graziato, ma anche in debito con questi bambini per quello che stavo sprecando. Senza educazione, infatti, non c’è spazio alla speranza di un futuro migliore. Una volta che sono riuscito a focalizzarmi su quello, il tennis è diventato per me un veicolo. Ho iniziato ad apprezzarlo”.
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