Quest’oggi, non prima delle 16, andrà in scena la semifinale di Wimbledon 2022 tra Cameron Norrie e Novak Djokovic, l’unica semifinale dal momento che l’incontro tra Nick Kyrgios e Rafael Nadal non verrà disputato a causa del forfait dell’iberico.
Per il britannico, numero dodici al mondo, si tratta della sfida più importante in carriera, l’ennesima tappa di un percorso che lo ha portato a girare diversi Paesi e a fare tanti sacrifici. Di questo e di altro ancora Norrie e suo padre hanno parlato ai microfoni del The Guardian.
Norrie è nato in Sudafrica, dove vivevano suo padre scozzese e sua madre gallese. Successivamente, una rapina a mano armata subita dai vicini, ha spinto la sua famiglia a lasciare il Paese, trasferendosi in Nuova Zelanda. Il padre del ventiseienne semifinalista di Wimbledon la considera una delle migliori decisioni che abbia mai preso.
“Vivevamo in una sorta di complesso con recinzioni elettriche di filo spinato”, afferma David Norrie. “Era quindi un posto relativamente sicuro, ma c’era un cancello automatizzato mentre salivi. Una notte il nostro vicino è stato vittima di un furto d’auto. Gli hanno puntato una pistola alla testa e c’era un bambino nel retro dell’auto. A quel punto abbiamo deciso che quello non era il posto dove crescere i bambini e abbiamo iniziato a fare progetti per emigrare”.
Lasciare il Sudafrica si è rivelato un fattore decisivo nella carriera di Norrie. La cultura sportiva della Nuova Zelanda, infatti, ha portato Cameron a dedicarsi a diversi sport, che lo hanno plasmato fino a farlo diventare un atleta affermato (prima di scegliere il tennis, ha giocato a calcio e ping pong e ha praticato sci di fondo).
A 16 anni, Norrie ha abbracciato le sue radici familiari trasferendosi a Londra. Una scelta fondamentale, a suo parere: “Penso che sia uno dei motivi per cui sono qui oggi (a Wimbledon, ndr). In Nuova Zelanda è stata dura considerata la mancanza di visibilità dei tornei e tutto il resto. Quando ero più giovane praticavo molti altri sport, ma avevo bisogno di essere in un posto dove ci fossero più tornei e consapevolezza su come migliorare e diventare un giocatore professionista. Quindi trasferirmi a 16 anni è stato perfetto per me”.
Norrie, dunque, si è trasferito a Londra, dove è stato allenato da James Trotman della LTA e ha vissuto in un alloggio al National Tennis Center circondato da diversi giocatori che lo hanno preso sotto la loro ala e gli hanno mostrato la via.
Molto presto, Cameron si è fatto notare tra le giovanili (dove ha raggiunto il numero 10) e ha debuttato nel tennis professionistico, quando Andy Murray ha vinto per la prima volta il titolo di Wimbledon nel 2013. “È stata dura per me, sai. In Nuova Zelanda andavo a scuola e vivevo una vita normale. Poi mi sono spostato dall’altra parte del mondo per dedicarmi completamente al tennis. Penso che sarebbe dura per chiunque “.
Durante i primi giorni in Inghilterra, Norrie era timido e insicuro del suo futuro, il che ha portato alla sua decisione di andare al college. “Sicuramente sono maturato molto dall’università. E penso che non sapevo davvero cosa volevo fare con il mio tennis a quell’età, e non conoscevo ancora il mio livello”.
Quando è scoppiata la Pandemia di Covid-19, il britannico è tornato in Nuova Zelanda per un lungo periodo. Ha trascorso i primi mesi di lockdown con i suoi genitori ad Auckland, allenandosi costantemente quando gli era permesso di uscire. Con le riaperture, Norrie ha ripreso a girare per il mondo e ha rivisto la sua famiglia solo pochi mesi fa, a Roma, nel corso degli Internazionali.
“Devi solo sederti lì e assorbire gli alti e i bassi”, afferma David Norrie, descrivendo come ci si sente a seguire il figlio dalla Nuova Zelanda. “Con il fuso orario non è sempre facile. Ma anche quando lo è, preferirei quasi fare qualcos’altro e poi informarmi su come è andata, sai: “Qual è stato il punteggio?””.
Insomma, quella di Norrie è una storia che viene da parecchio lontano. E presto si arricchirà di una nuova pagina indimenticabile. L’impresa è ardua, ma comunque andrà sarà un successo.
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