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Più odio che amore. Lo strano rapporto di Casper Ruud con l’erba

È una questione di feeling. Per esprimere il miglior tennis, ogni giocatore ha bisogno delle giuste sensazioni, di stare a proprio agio sul terreno di gioco e avere sotto controllo i tempi dei propri colpi. E quando i rimbalzi della pallina non corrispondono lontanamente al tuo timing, spiazzandoti su ogni colpo, allora i risultati non arrivano nella maniera più assoluta, anche se sei il numero 5 del tennis mondiale. Il rapporto di Casper Ruud con l’erba è a dir poco tempestoso, respingente (non certo idilliaco), diciamo che si tratta di un rapporto mai nato, quindi senza risultati.

Basta vedere i precedenti. Siamo andati a spulciare i dati relativi a ben prima che diventasse il Ruud odierno, quello capace di giocarsi una finale al Philippe-Chartier di Parigi contro Rafa Nadal. Ebbene, sapete quante vittorie è riuscito ad ottenere sul terreno verde negli ultimi 9 anni? TRE. Avete capito bene, solo e soltanto 3. Due nel 2021 e una nell’ormai lontano 2015. Vero è che le partite giocate sul verde sono state soltanto 10 in totale, dal 2013. Ed è chiaro che se non giochi, nemmeno hai la possibilità di vincere. Ma se non giochi perché non riesci a controllare i rimbalzi, sapendo già in partenza che non andrà bene, allora c’è qualcosa che non va, una sorta di peccato originale.

Ruud è stato piuttosto netto quando ha parlato di erba qualche giorno fa: “Il rimbalzo è molto più basso di quello a cui sono abituato. Non sono a mio agio, trovo difficoltà nel muovermi e ho paura anche di scivolare e farmi male”. Il norvegese ha parlato dopo aver perso 6-4 6-4 contro il belga Zizou Bergs in una partita di esibizione al Giorgio Armani Tennis Classic, all’Hurlingham Club. Un avversario che viaggia sulla posizione 150 del ranking. In quell’occasione Ruud ha ammesso come stia ancora lottando per adattarsi a questa superficie: “Questo è di nuovo il mio primo giorno sull’erba e penso che sia stata una partita abbastanza buona”, ha detto. “Vediamo se riesco a passare qualche ora in più in superficie e spero di poter almeno vincere una partita a Wimbledon quest’anno”.

Ecco, l’obiettivo per lui è quello di vincere almeno una partita a Wimlbedon. Un po’ pochino forse. “Non so come spiegarlo – ha poi aggiunto – ma ogni volta che fai un grande passo o spingi fuori dagli angoli ti sembra di rovinare il campo, e non è una bella sensazione! Devo abituarmi”.

Le caratteristiche naturali dell’erba sono note: è un campo più veloce, scivoloso e visto che stiamo parlando di una superficie del tutto naturale, ancor più della terra battuta (che spesso contiene elementi artificiali), è incoerente, porta ad abbassare i rimbalzi e perfino a sembrare, a volte, “erba battuta”, per citare il compianto “scriba” e da poco scomparso Gianni Clerici, il quale usava questa espressione per sottolineare il rallentamento del fondo erboso di Wimbledon.

Scherzando, in un’altra intervista, Ruud ha detto addirittura di preferire l’erba per giocare a golf: “Credo che sia una cosa da golfisti, preferisco giocare a golf prima di Wimbledon, ho una preparazione migliore”. Una frase non certo memorabile come la critica che fece Manuel Santana, quando disse che “l’erba è per le mucche”, ma di fatto una dichiarazione d’odio.

Eppure il tennis è uno sport magico ANCHE per questo motivo, per essere determinato dal tipo di superficie su cui viene giocato. Sono pochi gli sport in cui ciò accade, forse il cricket o qualcun altro. Per cui prendere o lasciare, caro Ruud (a cui comunque va la nostra stima). Anche perché sull’erba si gioca uno Slam, e basterebbe questa spiegazione per non bistrattare l’affascinante terreno verde.

Ma Ruud non è certo il primo ad avere difficoltà su questa superficie di gioco. Sono diversi i grandi giocatori che non riescono a trovare un certo equilibrio sull’erba. Probabilmente per la poca pratica, visto che se andiamo a guardare le percentuali di presenza di erba nel tour, sia nell’Atp sia nel Wta, circa il 60% degli eventi si gioca sul cemento, il 30% sulla terra, solo il 10% sull’erba. Non dovrebbe sorprendere dunque il difficile adattamento dei giocatori. Ma certo, qualche risultato in più ce lo aspetteremmo da un top 5, anzi, da un imminente top 4 visto che dall’11 luglio il norvegese scalerà ancora una posizione a causa dell’assenza di punti legata a questa strana edizione di Wimbledon. Staremo a vedere.

Stefano Minnucci

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