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Roland Garros, il primo set tra Nadal e Zverev è già un’opera d’arte

Il primo set della semifinale del Roland Garros tra Rafael Nadal è qualcosa di cui sentiremo parlare per molto tempo. Più che un semplice set, è un manifesto del “nadalismo”, quel mix di classe, talento, resistenza, resilienza, forza fisica e forza mentale che ha reso possibile tutti gli innumerevoli successo del campionissimo spagnolo. Un set di sofferenza pura, vinto al tie-break dopo aver salvato ciò che ormai sembrava impossibile salvare. Ciò che per chiunque altro sarebbe stato impossibile salvare.

Rafael Nadal entra in campo, in un Philippe-Chatrier stracolmo e umidissimo, già completamente sudato. Gocciola vistosamente, consuma un asciugamano dietro l’altro. I primi scambi sono un immediato campanello d’allarme. Rafa appare pesante, contratto, poco dinamico, stranamente incerto sugli appoggi. Anche le due leggendarie scivolate sulla terra non sembrano funzionare. Sascha Zverev ne approfitta subito e mette la testa avanti. Break in avvio.

Al servizio il tedesco nei primi game è un’iradiddio, non lascia scampo al maiorchino, che fa una fatica enorme a mantenere i suoi, di turni di servizio. Tanto da far pensare a molti che le sue condizioni fisiche, precarie per definizione, questa volta possano determinare un netto svantaggio per lui. Rafa, però, è Rafa. E ricomincia a macinare. I cambi di ritmo non sono quelli visti contro Djokovic, le condizioni climatiche sono davvero al limite, sia per i giocatori, sia per le palline, che – come segnala in maniera plateale Nadal al suo box – sono grosse e pesano come meloni.

Ma tant’è. Zverev non è letale, Nadal è come un gatto. E trova il break che lo rimette in carreggiata. Si porta avanti e sul 5-4 ha addirittura l’occasione (tripla) di chiudere il set 6-4. Questa volta è Sascha che si salva. È tie-break. E che tie-break. Lo spagnolo parte bene, ma poi commette una strana serie di errori. Il tedesco di ritrova 6-2, con ben quattro set point. E qui accade l’impensabile. Nadal gioca una serie di punti sovrannaturali, salva tutti i set point, se ne crea altri due e al terzo chiude un set epico in un’ora e trentatré minuti di gioco.

Stefano Cagelli

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