Al Roland Garros si è aperto un vero e proprio putiferio attorno alla decisione di ospitare il match tra Naomi Osaka e Amanda Anisimova sul Suzanne Lenglen a partire dalle undici. Da lì è partito il dibattito sul tennis femminile.
Una decisione che sembra sprovveduta: Naomi Osaka v Amanda Anisimova, una delle partite di cartello del primo turno dello slam su terra battuta, si gioca sul Suzanne Lenglen (secondo campo per importanza al Roland Garros) a partire dalle undici.
Andando a fondo sulla questione il Philippe Chatrier ospiterà Iga Swiatek (numero 1 del mondo), Barbora Krejcikova (vincitrice dell’edizione 2021), Rafael Nadal (13 volte campione) e Novak Djokovic (numero 1 del mondo) nel turno serale. Già da questo possiamo capire come la decisione sia quantomeno condivisibile. Per l’orario, invece, bisogna prestare attenzione agli accordi televisivi asiatici. L’Osaka è l’atleta di punta del mondo asiatico e una trasmissione alle 18 (ora locale del Giappone) è considerata perfetta per attrarre il maggior numero di persone.
Se, però, spostiamo l’attenzione dalla partita in questione e ci allarghiamo al tennis femminile in generale c’è ancora molto da dire. Ad eccezione di alcune rare occasioni (vedere ad esempio la grande affluenza di pubblico agli Internazionali d’Italia in ogni partita), il tennis femminile sta vivendo un momento di crisi.
Ci sono sempre meno persone a vedere gli incontri delle ragazze (non solo di giocatrici di seconda fascia) e questo è ancora più evidente negli eventi combined. Un chiaro esempio (testimone chi vi sta scrivendo questo articolo) nel primo torneo dell’anno a Adelaide (Australia). Evento combined Atp250/Wta500.
Match di primo turno di qualificazione tra Thiago Monteiro e Daniel Altmaier, secondo campo per importanza stracolmo. Nei match femminili (tra cui l’esordio di Paula Badosa contro Victoria Azarenka) quelli che possiamo definire pochi intimi.
Dove bisogna ricercare i motivi di questa differenza di affluenza? Forse sulla durata delle partite e degli scambi?
In molti match del circuito Wta possiamo notare come le tenniste in causa prediligano lunghi scambi a rischi di attacco, continui break da una parte e dall’altra e rarissimi colpi vincenti. Probabilmente il motivo è da ricercare nella tipologia di allenamenti.
Innanzitutto, il così alto numero di break è dovuto (principalmente) ad un motivo molto semplice: le ragazze si allenano con coach uomini e i propri sparring partner (nella maggior parte dei casi) sono uomini. Si abituano, in questo modo, a rispondere a servizi e colpi che, molte volte, sono più potenti di quelli che affrontano in partita.
Il numero di vincenti e di scambi lunghi, invece, può essere dato dalla mentalità che viene impartita loro fin dall’infanzia: aspettare l’errore dell’altra. Un approccio tipico di molte tenniste spagnole (basti pensare a Sara Sorribes Tormo).
Il pensiero, quindi, potrebbe essere rivolto ad un cambio di prospettiva regolamentare del tennis femminile. Non parliamo delle regole applicate alle Next Gen Finals (per citare un esempio), ma più di quelle del doppio.
Le persone hanno “timore” di vedere un match femminile per il rischio di lunghe remate? Perfetto, regola del supertiebreak al terzo set e niente vantaggi in caso di parità. Così facendo, forse, si strizzerebbe l’occhio ad un pubblico che vuole più azione e meno pallonetti in attesa dell’errore dell’avversaria.
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