Diario dal Foro. Dalle mazzate di Liudmila a Jannik l’alchimista (passando per Cobolli e Arnaldi)

Il giorno 4 è un all day long. Data la collocazione di Jannik de noantri nella sessione serale, oggi doppio turno. È una faticaccia, era qualche anno che non affrontavo la doppia sessione, ma per il Rosso di Sesto Pusteria, nostra suprema speme di un futuro luminoso, si fa questo e altro.
LO STAND AUSTRALIAN La prima tappa della giornata (una giornata finalmente meravigliosa, sole pieno e tanto caldo, da vero maggio romano) è presso lo stand Australian, dove mi attende il manager Filippo Colosimo. E sì, perché da un pochino di tempo gli amici della Ferratella, il mio Circolo, mi hanno chiesto di dare una mano come Direttore Sportivo (ovviamente, come Dirigente Dilettante a titolo gratuito).
GLI AMERICANI E LA TERRA Chiuso rapidamente con l’amico Filippo l’accordo per la fornitura dell’abbigliamento delle nostre squadre (modestamente abbiamo una compagine di A2 maschile e una di B1 femminile), mi fiondo sul Grand Stand per vedere Nakashima, che non ho mai visto dal vivo, impegnato contro il sempre affascinante Dimitrov. La partita è equilibrata, a Brandon la palla esce bella veloce, anche dal lato del rovescio, che esegue con gran timing. Guardando l’atleta a stelle strisce ho l’ennesima conferma di quanto sia cambiato il tennis. Ormai anche i giocatori americani dell’ultima leva (Korda, Tommy Paul, lo stesso Tiafoe) hanno imparato a giocare sulla terra: usano le rotazioni, sanno scivolare più che decentemente, e sono tutt’altro che dei pesci fuor d’acqua. La specializzazione per superficie è davvero agonizzante: ormai per stare ad alto livello bisogna saper fare più o meno tutto, e su tutte le superfici. Grigor però, dopotutto, la terra la conosce meglio di Brandon, e per giunta è anche in un periodo di discreta forma. Lascia lo stadio ringraziando a lungo gli spettatori del settore sud, che per tutto il match lo hanno incitato con grande calore. Uno dei motivi per cui il nostro torneo è uno dei più amati dai giocatori, checché se ne dica.
LE MAZZATE DI LIUDMILA Brevissima incursione sul Pietrangeli, per qualche scambio di Samsonova Pegula. Ragazzi, botte da orbi. Poche giocatrici tirano forte quanto queste due. Liudmila, poi, impressionante al servizio, ha fatto davvero un gran salto di qualità. Ps: non ricominciamo con la storia del farla giocare per l’Italia: la legge italiana non lo consente, punto. Dovesse sposare un italiano, se ne riparlerà.
IL ROVESCIO DI CAMERON Ma sul Grand Stand la Patria chiama. Luchino Nardi da Pesaro affronta l’albionico Cameron Norrie. Piccola notazione tecnica: Norrie, numero 11 del mondo molto poco appariscente, è uno di quelli che capisci perché è così in alto in classifica solo se lo osservi attentamente dal vivo. Un colpo, in particolare, manda ai matti gli avversari. Il suo pazzesco rovescio bimane, praticamente piatto, dal rimbalzo bassissimo e rapido, che lui gioca con un controllo assoluto, con grande anticipo e sempre profondissimo e superpreciso. Se a questo aggiungiamo un diritto totalmente diverso, una arrotata mancina esasperata e pesante, dal rimbalzo altissimo ce n’è abbastanza per andare totalmente in confusione. Il nostro Luca però si adatta bene alla palla velenosa del british: ha fatto un’ottima figura, scambiato sostanzialmente alla pari, e ha smarrito il match per aver mancato troppe palle break (dato l’inevitabile gap di esperienza). Ma tre o quattro perle (una su tutte: un serve & volley da sinistra chiuso con una demi voleè di diritto degna di Edberg) hanno mandato in visibilio il pubblico.
PAPA’ COBOLLI, IL SAGGIO All’uscita incontro Stefano Cobolli, papà e coach di Flavio, che mi spiega rapidamente la partita di ieri: in sintesi, Flavio ha sentito tantissimo la tensione dell’esordio e non riusciva a cercare bene la palla con i piedi. Per questo restava incastrato sulla diagonale sinistra, rovescio contro rovescio, il terreno preferito di Brooksby: faceva fatica sia a girarsi di diritto, sia a cercare bene la palla per giocare il rovescio lungolinea. Ora per il nostro quali a Parigi, e poi challenger per rafforzare la classifica. L’idea è quella di cercare l’exploit nei tornei estivi su terra, dopo Wimbledon. Per me, e lo ripeto, Cobollino finisce l’anno da 80 Atp. Vedrete.
IL JOYSTICK DI PICCARI Capitolo Bronzetti: Lucia ha lottato a lungo, contro la Osorio Serrano, ma è uscita a mani vuote. Impressionante, tuttavia, il feeling con il suo allenatore, Francesco Piccari: ogni volta, prima di servire da sinistra, Lucia guarda Francesco, che con un fugace movimento del polso le fa segno, a seconda della situazione del momento, se deve servire il kick a uscire o la botta piatta, e lei esegue alla lettera. Come sul 4 pari, 40 30 Bronzetti. Francesco fa il segno “botta piatta”. Beh, non ci crederete, arriva un servizio vincente a uscire, a quasi 180 orari. Francesco sembra che abbia un joystick, un telecomando.
Il match è stato deciso dalla maggiore manualità dell’avversaria, già numero 1 juniores, molto scaltra tatticamente e soprattutto abile nelle palle corte: purtroppo, in questo momento per la Bronzetti toccare di fino nei pressi della rete è una sfida improba, e lo ha pagato carissimo in un paio di situazioni nel tie break del primo set, che ha deciso la partita. Decido di passare d casa a cambiarmi, prima di affrontare la sessione serale. Ragazzi, c’ho una certa età…
E ARNALDI SGOBBA E SUDA Uscendo, su uno dei nuovi campi di allenamento dietro al Centrale, vedo Matteo Arnaldi che gioca un set di allenamento contro il portoghese Joao Sousa, già numero 28 Atp. Matteo, con coach Petrone al suo fianco, ci dà dentro di brutto. E quanto gli fa bene, allenarsi con uno con la palla pesante come quella di Sousa.
La chiusura è per la Grand Stand Arena. Un bellissimo stadio, con la capienza di oltre 5.000 posti, raccolto, funzionale, dalla perfetta visibilità. Per anni e anni, la Soprintendenza brontolava perché non voleva si coprisse la storica statua del suonatore di Cetra. Ebbene, la soluzione che si è trovata (in foto) simboleggia la via maestra per il nostro torneo e per il rilancio del nostro paese: coniugare tradizione e modernità.
JANNIK, L’ALCHIMISTA Parliamoci chiaro. Stasera non è stata una partita. Troppo leggero il buon Martinez, troppa differenza negli scambi da fondo. Era da 3 anni che non vedevo Sinner dal vivo (dal match con Johnson). Beh ragazzi, è impressionante come gli esce la palla, diritto o rovescio è lo stesso. La sua Head pare un lanciafiamme. Non a caso lo spagnolo, che ha una buona mano, le ha tentate tutte pur di non stare li a fare a pallate: discese a rete, palle corte, anche con ottima qualità. Dato il divario tecnico e di potenza di fuoco, Jannik ha giocato una partita sperimentale, cercando appena poteva di prendere la rete, di aggredire con il lungolinea (stupendi alcuni di rovescio) e di variare con la palla corta. Devo dire, con esiti altalenanti. Ma il coraggio di sperimentare, di trovare nuove vie, di non contentarsi di quello che che si è e si ha, è ciò che contraddistingue i grandi.
E Jannik, signori, lo è.
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