Comunque andrà a finire la finale del Miami Open – prevista per domenica 3 aprile alle 19 ora italiana – quello a cui il mondo del tennis ha assistito in questi dieci giorni è sicuramente un altro salto in avanti del giovane fenomeno del tennis mondiale, Carlos Alcaraz. Il classe 2003 spagnolo ha stupito ancora per la sua classe, la sua maturità, il suo talento e la sua innata attitudine alla vittoria.
All’alba dei diciannove anni, il predestinato murciano (che lo scorso anno di questi tempo veleggiava intorno alla posizione numero 130 del ranking mondiale) sembra aver raggiunto un livello di crescita che molti davano per certa, ma nessuno davvero si aspettava potesse avvenire in tempi così brevi. E invece, dopo aver messo in bacheca i suoi primi due titoli Atp sulla terra rossa (il 250 di Umago nel 2021 e il 500 di Rio a inizio 2022), Alcaraz si ritrova d’autorità in finale nel Masters 1000 americano, con buone possibilità di vincere.
Quanto fatto vedere sul cemento della Florida (e la settimana prima su quello californiano di Indian Wells) è la dimostrazione di quanto Carlos sia già un giocatore in grado di imporsi anche su superfici apparentemente lontane dal suo identikit naturale, quello che accomuna, almeno sulla carta, quasi tutti i giocatori spagnoli, molto legati alle performance sulla terra battuta.
Un dato, quello della completezza, che impressiona tutti gli addetti ai lavori. E i paragoni con i più grandi si sprecano. Tanto che in molti prefigurano per Alcaraz un futuro (neanche troppo remoto) da dominatore del circuito, magari con il nostro Jannik Sinner a contendergli lo scettro, che se non fosse stato fermato da uno sfortunato inconveniente fisico, forse oggi staremmo parlando della prima di una lunga serie di grandi finali tra i due.
Ciò che colpisce del campioncino spagnolo (di quasi due anni più giovane di Sinner) è che sembra concentrare su di sé praticamente tutte le caratteristiche che hanno reso imbattibili negli ultimi vent’anni tra mostri sacri del tennis mondiale come Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic: Sessantuno tornei del Grande Slam in tre. Ebbene, a soli diciotto anni Alcaraz fa parlare di sé come unico, possibile grande erede dei Big Three.
Carlos sembra avere la concretezza e la fisicità del suo connazionale (e idolo) Rafael Nadal, la duttilità e la resilienza del serbo e il talento cristallino dello svizzero. Caratteristiche che lo proiettano di diritto come numero uno designato dei prossimi decenni. Intanto lui continua a mietere record su record.
A Miami lo aspetta in finale Casper Ruud. Indipendentemente da come andrà, lo spagnolo – allenato da un’altra leggenda del tennis iberico come Juan Carlos Ferrero – è già entrato in un’altra dimensione di tennis, quella che lo fa entrare di diritto nel ristretto gruppo dei candidati alla vittoria in un torneo del Grande Slam. Prossima fermata, Parigi. In mezzo, tra le altre cose, anche un appuntamento “super lusso” agli Internazionali d’Italia. Da non perdere.
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