Il mondo del tennis e la Serbia in particolare restano con il fiato sospeso in attesa di conoscere la sorte sportiva in Australia di Novak Djokovic. In vista della decisione del giudice locale attesa per lunedì, i legali del campionissimo della racchetta stanno costruendo la memoria difensiva per consentire a Nole di scendere in campo comunque: secondo i suoi avvocati Djokovic ha contratto il COVID-19 un mese fa, senza avvertire sintomi, e ha ricevuto prima di partire l’autorizzazione scritta per entrare in Australia senza un periodo di quarantena obbligatorio.
Nell’ambito del procedimento avviato con il suo ricorso contro la cancellazione del visto, Djokovic ha dichiarato di essere risultato positivo al test per il coronavirus il 16 dicembre 2021. Una data diventata improvvisamente sospetta in quanto il serbo ha partecipato a due eventi in presenza e senza mascherina il 16 e il 17 dicembre a Belgrado come dimostrano foto e dichiarazioni visibili sui social.
Nelle 35 pagine di memoria difensiva presentata al giudice Anthony Kelly del Federal Circuit Court, il serbo ha dichiarato di aver ricevuto una una conferma scritta da parte del Department of Home Affairs che gli riconosceva di “corrispondere ai requisiti per entrare in Australia senza obbligo di quarantena”. Agli agenti che l’hanno bloccato all’aeroporto Tullamarine di Melbourne, Djokovic ha “spiegato di aver contratto il Covid a dicembre 2021 e di aver ricevuto su questa base un’esenzione in accordo con le regole e le linee guida del governo australiano“, come si legge in un estratto del documento presentato al giudice.
Ha detto anche agli ufficiali dell’Australian Border Force (ABF) che aveva “correttamente compilato la Australian Travel Declaration” e di essere dunque “pienamente in regola per poter entrare nel Paese con il mio visto”. Ma l’ABF, la polizia di frontiera che ha l’ultima parola sulla concessione dei visti d’ingresso nel territorio nazionale, non ha ritenuto sufficiente la documentazione presentata per l’esenzione.
Il serbo ha presentato ricorso contro la revoca del visto e ottenuto il rinvio del rimpatrio inizialmente previsto per giovedì. Finora il numero 1 del mondo ha trascorso i suoi giorni in Australia al Park Hotel di Melbourne, dove alloggiano decine di richiedenti asilo in attesa del visto per entrare nel Paese dei canguri, alcuni di questi addirittura da anni.
L’attenzione sulla sua vicenda ha spinto manifestanti per i diritti umani a recarsi sotto l’hotel per chiedere la liberazione dei rifugiati, unendosi così a tifosi serbi e no-vax che inneggiano al numero 1 del mondo. A parte un messaggio Instagram per ringraziare i tifosi, non ci sono dichiarazioni pubbliche di Djokovic che secondo i media australiani avrebbe chiesto un colloquio con lo chef dell’hotel e la possibilità di accedere a un campo da tennis. Entrambe le richieste sarebbero state negate.
Fonte Ansa
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