Il corsivo di Mario Lavia
Una vittoria è una vittoria, certo. A Vienna, in un catino davvero poco “asburgico”, l’americano Frances Tiafoe ha sconfitto il nostro Jannik Sinner perché ha avuto un’ora di grande tennis dentro un’ora di buffonerie, strafottenze, guasconate.
Noi che abbiamo visto le tante stranezze di un genio come Ilie Nastase, il divino McEnroe, e milioni di intemperanze di tanti campioni, racchette rotte, palline scagliate in tribuna, insulti al giudice di sedia, mai avevamo visto un show da circo equestre come quello di Tiafoe.
Distrutto da Jannik nel primo set e in quasi tutto il secondo, l’americano ha cominciato a giocare un tennis super-spettacolare esaltandosi e accendendo il pubblico austriaco. Tutto regolare, intendiamoci. Ma nello sport, e nel tennis, ci sono regole non scritte che vanno osservate scrupolosamente: prima tra tutte, quella di non stuzzicare il pubblico come si fa nelle corride, battendo il “cinque” agli spettatori delle prime file, urlando ad ogni punto suo e gasandosi per i (pochi) errori di Jannik, un ragazzo di 20 anni che si comporta come un signore adulto.
Non sapremo mai se senza le sue buffonate Tiafoe avrebbe vinto oppure no. Sappiamo però che si tratta di una vittoria formalmente regolare ma sostanzialmente drogata. Un brutto esempio per i giovani, una brutta pagina per il tennis mondiale.
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