Il tennis italiano maschile sta vivendo un magic moment in ogni categoria. Infatti, oltre ai vari Berrettini, Sinner e Musetti, ci sono tanti giocatori azzurri che stanno facendo grandi cose nei circuiti Challenger e ITF. Uno di questi è sicuramente Edoardo Lavagno. Il torinese, classe 1998, ha finalmente ritrovato la luce dopo anni bui a causa di alcuni infortuni che hanno condizionato il suo percorso. In questo 2021 ha vinto due titoli (conquistati consecutivamente in Kazakistan) ed ottenuto una finale (persa in Egitto la scorsa settimana). Risultati che lo hanno portato a ridosso della top-600.
Il giovane tennista è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per raccontarsi in un’intervista a tutto campo. Di seguito le sue parole.
L’intervista a Edoardo Lavagno
Ciao Edoardo, come stai?
“Tutto bene grazie, ho appena finito di allenarmi qui in Egitto”.
Come ti sei avvicinato al tennis?
“Ho iniziato a giocare a tennis grazie ai miei genitori. Loro frequentavano il circolo a Rivoli e lì ho mosso i miei primi passi. Poi, pian piano le cose si sono evolute, mi sono appassionato sempre di più al tennis”.
Il mondo del tennis era quello che ti aspettavi?
“Quando sei bambino neanche ci pensi a certe cose, giochi solo per divertirti. Poi col tempo tutto prende forma. Più le cose si fanno serie più inizi a capire quello che vuoi. È la vita che ho scelto e mi sta entusiasmando”.
Peccato per i tanti infortuni che finora hanno costellato la tua giovane carriera…
“Negli ultimi 4-5 anni ho avuto parecchi infortuni, che mi hanno tenuto fuori dal campo per circa 3 anni e mezzo. L’ultimo problema l’ho avuto alla mano, ho dovuto subire un’operazione per metterla a posto”.
Dove ti saresti trovato ora senza questi problemi? Hanno rallentato la tua ascesa?
“Sicuramente un po’ l’hanno rallentata. Non a livello di ranking magari, bensì a livello di esperienza. Però alla fine è andata così, non è che posso farci qualcosa. Il periodo lontano dai campi mi è servito molto per migliorarmi a livello mentale. In definitiva ti dico che sono dove dovrei essere”.
Tennis e lockdown: che ricordo hai del 2020?
“Il 2020 è stato duro perché, personalmente, non avevo l’opportunità di potermi allenare. Come tutti, non potevo uscire di casa. Mi sentivo con i miei amici, cercavamo di fare un lavoro atletico, quello che si può fare in casa, ma niente di che. È stato difficile anche mentalmente, in tanti hanno accusato di non poter competere, di non poter viaggiare, di vivere con la consapevolezza di dover ripartire da zero l’anno dopo. Diciamo che per noi essere umani di questo sport non è stato un bel periodo”.
Poi è arrivata la luce…
“Il 2021 sta andando bene. Ho iniziato la stagione che avevo 7 punti ATP, non ero neanche testa di serie in quali, ma ho avuto fin da subito buone sensazioni. Ovviamente il tutto rappresentava un po’ un’incognita fino a che non mi sono confrontato con altri giocatori. Sin dalla prima settimana dell’anno, infatti, ho subito giocato delle ottime partite. Purtroppo però ho avuto anche un infortunio che mi ha costretto al ritiro nei quarti contro la testa di serie numero uno, Fabrizio Ornago, e sono stato fermo un paio di mesi. Poi, quando sono ripartito ho continuato ad avere quelle buone sensazioni”.
Qual è stata la chiave?
“Sicuramente sono riuscito a disputare più tornei rispetto agli altri anni. Giocare più partite ti permette di acquisire maggiore consapevolezza. E poi, mi son goduto ogni partita, cercavo di divertirmi, di giocare il tennis che mi piace. Penso che questa possa essere stata la chiave”.
In Kazakistan hai vinto due titoli in due settimane. Che soddisfazione è stata?
“Sono state due settimane fantastiche, mi son trovato subito bene in Kazakistan nonostante le 25-26 ore di viaggio per arrivarci. Lo rifarei altre settemila volte. La prima settimana, in cui ho vinto il torneo senza perdere alcun set, mi sentivo benissimo sia fisicamente sia a livello di gioco. La seconda, invece, avevo qualche problemino in più, soprattutto fisicamente, ma sono riuscito a vincere ugualmente di cuore e di testa. Il secondo trionfo mi ha dato tanta felicità”.
Quanto è importante l’aspetto mentale nel tennis?
“La forza fisica conta tantissimo, soprattutto per giocare 2-3 settimane di fila. Ma, oltre alla forza fisica, serve una gran forza mentale, perché bisogna cercare di essere sempre al massimo, in ogni partita. Bisogna stare concentrati costantemente, sia quando esci al primo turno, che poi hai una settimana per allenarti, sia quando capita che vinci il torneo e due giorni dopo devi subito ripartire. Io credo di essere migliorato molto da tal punto di vista, ho trovato molta più costanza, più solidità tra una partita e l’altra. Ciò mi ha permesso di mantenere un livello alto per un numero maggiore di giorni. Questo è fondamentale nella singola partita, ma anche nel complesso della settimana o delle settimane”.
Chi è l’avversario più forte con il quale hai giocato?
“Non saprei darti una risposta precisa. Spesso mi trovo a guardare i match dei miei colleghi e mi accorgo che giocano un tennis spaventoso. In ITF, dalle quali alla finale, c’è un livello altissimo. Tutti giocano bene. Ormai c’è un livello folle”.
Big Three a parte, c’è qualche giocatore che ammiri particolarmente?
“Da patriota ti dico Matteo Berrettini. Sta facendo cose incredibili, sta migliorando notevolmente in tutto: costanza, colpi, servizio, dritto. E adesso sta iniziando ad avere anche un rovescio niente male. È impossibile dire un nome diverso dal suo”.
Adesso sei a ridosso della top-600. Dove credi che sarai tra un anno?
“Mi vedo sicuramente sui campi da tennis (ride, ndr), ma non so dove. Spero di riuscire a giocare qualche partita a livello Challenger”.
Quanto è vicino questo obiettivo?
“Non è lontano, ma non è nemmeno vicino. Bisogna continuare a lavorare quotidianamente, cercando di fare il meglio possibile”.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
“Dopo questo torneo, l’ultimo della serie in Egitto, torno in Italia. C’è la Serie A e sarò al circolo. Poi, anche in base alle disponibilità, forse giocherò a Barcellona la settimana dell’11 ottobre”.
Va bene, grazie. Noi allora ti salutiamo facendoti l’in bocca al lupo!
“Viva il lupo, ciao!”.
A cura di Giuseppe Canetti
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