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Laver Cup, abbiamo un problema. Ma qual è la soluzione?

Della Laver Cup e di tutto ciò che le ruota intorno, nel mondo degli appassionati di tennis, si discute dal momento stesso in cui è stata ideata. Per i critici si tratta di una competizione troppo a sfondo esibizionistico, in cui l’agonismo lascia inevitabilmente spazio allo spettacolo e in cui l’assenza di punti Atp rende le partite poco importanti per i tennisti stessi.

In realtà questo aspetto sembra essere ormai stato superato. Basta riguardare il match tra Matteo Berrettini e Felix Auger-Aliassime, vinto dall’italiano dopo tre ore di battaglia, per rendersi conto che le partite vengono giocate fino in fondo e che, forse, esiste anche una motivazione in più dettata dall’atmosfera, dal far parte di una squadra, dall’avere i migliori giocatori del mondo al proprio angolo.

Il problema, soprattutto alla luce di quanto successo quest’anno, sembra invece essere un altro: la formula Europa contro resto del mondo potrebbe consegnare lo stesso team vincitore per parecchi anni a venire. Il 14-1 con cui gli atleti del vecchio continente hanno surclassato i competitor è abbastanza emblematico.

E nei prossimi anni, quando di fianco ai vari Medvedev, Tsitsipas, Zverev, Rublev e Berrettini andranno consolidandosi come top player i Sinner, gli Alcaraz, i Musetti e i Rune, per i tennisti degli altri continenti le cose potrebbe complicarsi parecchio. Guardando al futuro, le speranze di americani, australiani e asiatici sono affidate in gran parte ai due canadesi Felix Auger-Aliassime e Denis Shapovalov, un po’ pochino per fare paura all’armata europea.

Certo, gli statunitensi Korda, Brooksby e Nakashima stanno crescendo bene, ma al momento non sono al livello dei loro colleghi europei. Così come Opelka e De Minaur che si stanno ritagliando un loro spazio nel circuito, ma difficilmente entreranno in top-10. In Giappone il dopo-Nishikori è abbastanza triste, in Cina a livello maschile si muove poco o niente e in Sudamerica ci sono buoni prospetti in Brasile e Argentina, ma ancora tutti da verificare.

Insomma, il rischio è che la monotonia di risultati – anche senza Federer, Nadal e Djokovic – possa finire per stancare il pubblico, nonostante la competizione sia ben formulata e attragga l’attenzione di tennisti, sponsor e appassionati. Ma cosa si può fare per risolvere il problema? C’è chi vocifera della possibilità di far rientrare gli atleti russi tra il “resto del mondo”, così da riequilibrare un po’ gli schieramenti. Ma al momento, appunto, non ci sono elementi per considerla altro che una voce di corridoio.

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Stefano Cagelli

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