Che succede a Musetti? Questione di ritmo

È il 7 giugno 2021. Sul campo Philippe Chatrier va in scena l’ottavo di finale del Roland Garros tra Novak Djokovic e Lorenzo Musetti. Sulla carta non c’è partita: da una parte il numero uno del mondo e detentore (fino a quel momento) di diciotto tornei del Grande Slam, oltre che di una miriade di altri record, dall’altra un giovane di belle speranze che sta scalando la classifica mondiale.

L’andamento del match, però, ci dirà che la partita c’è stata. Eccome se c’è stata. Musetti gioca un tennis estatico per due set, sembra Federer dei giorni migliori, impressiona per la qualità e la quantità dei colpi, non sbaglia niente. Djokovic per due set è annichilito, confuso, non sa come uscire dalla gabbia tennistica impostagli dal giovanissimo avversario. A 19 anni Lorenzo Musetti sta vivendo un sogno.

Un sogno da cui si dovette però svegliare bruscamente. Dal terzo set in poi quella macchina da tennis che si trova dall’altra parte della rete comincia a macinare. L’incantesimo di rompe. Djokovic in tre set lascia solo un game ad un Musetti svuotato dal punto di vista tecnico e devastato dal punto di vista fisico. Tanto che – e fu scelta tutt’altro che apprezzata – arrivò addirittura al ritiro, sullo 0-4 nel quinto set.

Da quel giorno in poi, per Lorenzo Musetti da Carrara, è cambiato tutto. Da quel 7 giugno, infatti, non vince più una partita. Compresa quella contro Nole, siamo a sei sconfitte consecutive, su tre superfici diverse, la maggior parte delle quali contro giocatori dietro di lui in classifica (Musetti attualmente è numero 58 del mondo).

È chiaro che qualcosa non sta funzionando. Lungi da noi dare giudizi definitivi. Abbiamo visto anche con Jannik Sinner che non si può chiedere a ragazzi poco più che maggiorenni di vincere tutto e subito, di reggere mentalmente senza avere pause, di non avere passaggi a vuoto. E infatti non lo facciamo.

Però si può provare ad analizzare il momento di Musetti e quello che potrebbe averlo portato a questo passaggio a vuoto. Dopo il Roland Garros, infatti, ci sono stati due “fatti” che potrebbero aver inciso negativamente ultime prestazioni del classe 2002 toscano: il primo è la maturità e la pausa che si è dovuto prendere nella preparazione della stagione sull’erba, il secondo sono state le Olimpiadi e il fatto che non abbia potuto dare continuità al suo tennis in situazioni per lui più confortevoli.

Ovviamente non stiamo dicendo che Musetti non avrebbe dovuto impegnarsi per ottenere la maturità o che abbiamo sbagliato a rincorrere il sogno olimpico, ci mancherebbe altro. Però la sensazione è che quando questo ragazzo perde ritmo, allora ne paga immediatamente le conseguenze. Era già successo lo scorso anno dopo l’infortunio patito in Sardegna ad un passo dalla sua prima finale Atp. Da quel momento in poi entrò in crisi e ne uscì solo con l’exploit di Acapulco nel marzo 2021.

Di sicuro ci sono delle questioni tecniche, tattiche e fisiche da affrontare, ed è normale che sia così visto che parliamo di un ragazzo di 19 anni che fino all’anno scorso non aveva mai giocato un torneo Atp. Però l’impressione è che Musetti sia uno di quei giocatori che acquisisce fiducia solo giocando: più gioca, più entra in ritmo, più trova fiducia, più vince. Un circolo virtuoso che si autoalimenta.

Certo, deve imparare a gestire anche passaggi in cui inevitabilmente giocherà un po’ meno, magari dei passaggi in cui arriveranno più sconfitte che vittorie. Anche perché a questi livelli l’equilibrio è fondamentale: non si può pensare di giocare sempre, né tanto meno di vincere sempre. Altrimenti è un attimo a rompere il cerchio.

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