Allora Musetti si è voltato, si è inarcato, è saltato, ha colpito di rovescio al volo incrociando: è la “veronica” che la nostra generazione ha amato tanto perché il più bravo a farla si chiamava Adriano Panatta, il nostro idolo, che giusto 46 anni fa vinceva a Parigi bissando il trionfo di qualche giorno prima a Roma. Lorenzo non ha passato gli ottavi contro un avversario troppo più forte, si sapeva, ma per i primi due set ci ha fatto chiedere che partita stessimo vedendo: una goduria per chi ama il tennis quel suo variegare colpi sempre di alto livello tecnico.
In quel preciso istante, noi abbiamo rivisto in campo Adriano, persino la maglietta blu (Nike per Musetti, Lacoste per Panatta), i suoi capelli lunghi e il suo movimento pieno di classe – “il bell’italiano”, lo chiamavano a Parigi – ed è stata, sul serio, una sensazione persino commovente come solo il gioco della memoria sa produrre. Poi abbiamo visto tanti altri colpi di Lorenzo il Magnifico degni di figurare nell’album del grande tennis italiano, con certe palle corte che erano il marchio di Nicola Pietrangeli, alcuni tocchi di rovescio alla Paolo Bertolucci.
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