Quando la stagione entra nel vivo è ovvio che gli animi si riscaldino. Ma, in alcuni casi, stanno iniziando ad essere un filo troppo bollenti, tanto da spingerci ad analizzarne le cause. Già, perché la tensione che si è creata tra Rafael Nadal e Novak Djokovic – che si affrontano in finale a Roma per la 57esima volta in carriera – non è un qualcosa che riguarda soltanto le vicende ci campo, ma va ben oltre. Cosa è successo e cosa sta succedendo? Proviamo a riassumere le vicende degli ultimi mesi.
I primi attriti tra le due leggende sono iniziati qualche mese fa, in tempo di Pandemia. Precisamente nel maggio dello scorso anno. Il tennis si preparava a tornare in scena e si cominciavano a valutare le varie opzioni per ridare a questo sport una parvenza di normalità. Si stava pensando al vaccino obbligatorio per tutti i professionisti.
A tal riguardo Djokovic dichiarava: “Non voglio che ci sia qualcuno che mi obblighi a mettere qualcosa nel mio corpo. Questo lo trovo inaccettabile”.
Qualche giorno dopo, arrivava la replica piccata di Nadal: “Nessuno può obbligare nessuno. Ognuno è libero ma in un circuito devi stare alle regole. In un circuito devi rispettare le regole: se ci obbligheranno a vaccinarci per proteggere tutti, allora anche lui dovrà farlo se vorrà continuare a giocare”.
Poi, il campo, gli impegni, la schiarita. Ma uno nuovo strappo era dietro l’angolo.
Il 30 agosto scorso, con un messaggio sui suoi profili social, il numero uno del mondo Novak Djokovic annuncia la fondazione di un’organizzazione molto simile a una sorta di sindacato dei tennisti:
“Dopo il successo dell’incontro di ieri, siamo entusiasti di annunciare la nascita della Professional Tennis Players Association (PTPA), la prima associazione dei giocatori di tennis dal 1972″.
Apriti cielo. La condanna dell’ATP è immediata. Seguono le parole di vari esponenti delle due fazioni, poi la sentenza di Roger Federer e Rafa Nadal. In particolare, il maiorchino si è così espresso a riguardo:
“Ci sono molte cose che non vanno bene, stiamo attraversando una crisi mondiale. È un periodo difficile per tutti noi giocatori, per gli organizzatori, per il circuito. Dovremmo restare uniti, non perseguire gli interessi personali”.
Lo strappo c’è ed inizia a farsi consistente.
In mezzo, battutine, critiche velate e qualche “punzecchiamento”. Poi, ci si mettono anche i parenti…
Qualche tempo dopo, infatti, ci pensa Toni Nadal ad infiammare nuovamente la scena. Lo zio e storico coach di Rafa commenta severamente l’atteggiamento di Novak nel match contro Taylor Fritz agli Australian Open dello scorso febbraio, scrivendo sulle colonne del Pais:
“Chi sembra aver superato anche i suoi problemi fisici è Djokovic… sorprende che così ripetutamente i fastidi gli vengano addosso, al punto da seminare dubbi sulla sua permanenza nel torneo, per poi sparire dall’oggi al domani. Non sarò io a mettere in dubbio la veridicità del suo dolore, ma probabilmente li nasconde meno del dovuto…”.
Una critica che deve aver innervosito ben poco la Djokovic’s family, che di tutta risposta ha gettato benzina sul fuoco sulla rivalità tra il numero 1 e il numero 3 del mondo.
Srdjan provoca, affermando di essere sicuro che il regno del figlio come GOAT inizierà in brevissimo tempo:
“Nel prossimo anno, massimo anno e mezzo, sarà il migliore in ogni tipo di statistica che si potrà fare. Quando si ritirerà dal tennis diventerà amato e il migliore anche fuori dal rettangolo di gioco. È un valore aggiunto per la Serbia e dobbiamo essere onorati di essere suoi connazionali. Dovete capirlo, non ci sono chance di fermare la sua corsa. Novak sarà il GOAT. Chi non ci crede, sta solo prolungando la propria agonia. Sono dieci anni che stanno male per le vittorie di mio figlio e, secondo me, lo saranno ancora per molto tempo. Devono arrendersi all’idea che Novak sia semplicemente il migliore del mondo. Mio figlio è incredibile, c’è poco da fare. Devono realizzare che è stato il miglior tennista della storia e accettarlo, perché è così. Lui viene dalla Serbia, è stato mandato da Dio”.
Parole che suonano come la famosa goccia che fa traboccare il vaso…
Negli scorsi giorni il botta e risposta definitivo, che vede protagonisti i diretti interessati.
Nadal, ai microfoni di Metro, afferma: “Voglio vincere altri Slam, senza nessun dubbio, ma su questo non sono ossessionato come Novak. Ovviamente, lui non è ossessionato in un’accezione negativa, ma sicuramente è concentrato solo su questo e parla in continuazione dei record a cui punta. Io ho un approccio mentale differente”.
La risposta del serbo arriva alla presentazione del torneo di Belgrado. È diplomatica, ma tra le righe si può leggere tutta la storia degli ultimi tempi:
“Rafa ha il diritto di dire la sua, anche su come mi vede. Lo rispetto molto, probabilmente più di ogni altro giocatore al mondo; è il più grande rivale che abbia avuto nella mia carriera. Personalmente, tuttavia, non penso di avere alcuna ossessione nella vita. Quello che sento è la passione e l’amore per il tennis, è questo ciò che mi spinge a competere. Semplicemente non ho mai avuto problemi, nemmeno quando ero giovane, a parlare in pubblico dei miei obiettivi. Non credo che questo sia qualcosa di negativo, non solo per quanto riguarda i record da raggiungere, ma anche riguardo alla politica del tennis”.
La tensione è diventata impalpabile. Finanche sul calcio, i due assumono posizioni distanti.
In questi giorni si è discusso molto su questo progetto (già fallito) presentato da 12 top club europei di calcio. Un modello di sport elitario, che Djokovic non sembra gradire:
“Difendo il principio che ci sia sempre la possibilità che più club, e nel tennis più giocatori, abbiano la possibilità di competere ai massimi livelli o di far parte di un torneo dove ci siano i migliori del mondo. La cosa bella dello sport, che affascina e attrae il pubblico, è che offre una chance a un gran numero di atleti o di club. È bello, nella mia disciplina come in altre, di avere facce nuove e nuovi vincitori e campioni”.
Nadal, che nel cuore ha il Real Madrid, club il quale presidente è anche al vertice della SuperLega, non appare, invece, troppo incline a stigmatizzare il golpe attuato dai signori del mondo del pallone:
“Non ho un’opinione precisa, perché è stato annunciato qualcosa che è ancora poco chiaro. Comunque tutti stiamo soffrendo per la Pandemia, lo sport è stato colpito duramente dal punto di vista economico ed è logico che si cerchino soluzioni. Ma ora non so dire se il calcio ne trarrà benefici”.
Queste vicende sono l’emblema di un distacco che ormai si è fatto incolmabile. Che si parli di salute, di Slam, di calcio o di qualunque altra cosa, è muro contro muro. Ad oggi, Novak Djokovic e Rafael Nadal viaggiano su due rette parallele che, forse, non incroceranno mai più.
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