Ci sono attrazioni che si provano a pelle, altre invece che non sbocceranno mai. Qualche volta, però, il “caso” fa nascere grandi storie. “Chi me l’ha fatto fare di partecipare a questo torneo di merda, su questa superficie di merda”, imprecava qualche tempo fa Daniel Evans, successivamente a una sconfitta subita su un campo in mattoni tritati.
Chissà se la pensa ancora così riguardo la terra rossa, dopo aver battuto Djokovic ed essersi guadagnato i quarti di finale a Montecarlo: il suo miglior risultato in carriera.
IL PERCORSO DI EVANS
Daniel è nato a Birmingham il 23 maggio del 1990. Ha iniziato a giocare a tennis a 7 anni insieme al padre. A soli 12 anni ha lasciato la casa per andare a vivere con una “host family”, mentre si allenava a Loughborough. Quindi è diventato giocatore della squadra britannica che ha vinto il titolo mondiale di tennis junior nel 2004.
Da professionista, Evans si è consacrato in Top-100 tra il 2016 e il 2017, raggiungendo anche la sua prima finale ATP a Sydney (persa contro Gilles Muller). Un brillante giovane con una carriera vincente all’orizzonte. Non proprio. O, almeno, non subito. Perché, se riguardo le sue qualità non c’erano mai stati dubbi, caratterialmente il ragazzo era evidente che fosse ancora poco assennato.
IL BARATRO E IL RITORNO
Infatti, di lì a qualche mese, sarà trovato positivo alla cocaina dopo un controllo antidoping e sarà squalificato per un anno.
Dopo lo stop forzato, nel 2019 è riuscito a tornare nel tennis che conta, raggiungendo un’altra finale ATP a Delray Beach (persa contro Radu Albot). Tuttavia, è tra la passata stagione e quella in corso che Evans è riuscito a centrare la sua consacrazione: a febbraio di quest’anno ha raggiunto il suo best ranking, ovvero la 26ª posizione, dopo aver vinto il suo primo titolo ATP a Melbourne.
Il suo bottino di vittorie ammonta a: 1 titolo ATP (cemento), 8 titoli Challenger (6 cemento, 2 erba), 8 titoli ITF (6 cemento, 2 erbe). E la terra rossa?
UN AMORE MAI SBOCCIATO… FINO AD ORA
Il complicato rapporto tra Evans e la terra rossa lo si può riassumere dando dei numeri nudi e crudi. Dal 2008 al 2012, nessuna apparizione su questo tipo di superficie; due nel 2013, due nel 2014. Poi, scompare di nuovo tra il 2015 e il 2016. Nove partite nel 2017, alle quali segue “giustamente” un altro ‘anno sabbatico’, il 2018. Sette partite nel 2019, tre nel 2020. Cinque nel 2021, compreso il match di oggi contro Goffin.
Un totale di 28 incontri disputati su argilla in 13 anni di carriera. In media poco più di due a stagione.
A MONTECARLO LA SVOLTA…?
Le ultime tre sfide nel Principato le ha vinte battendo in successione Lajovic (finalista della passata edizione), Hurkacz (fresco trionfatore del Master 1000 di Miami) e appunto Djokovic (numero 1 al mondo). Un dubbio sorge spontaneo…
IL DUBBIO
Dopo l’exploit nella competizione monegasca, verrebbe da chiedergli: “Caro Daniel, ma chi te lo ha fatto fare di non giocarci più spesso sulla terra rossa?”.
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