Il ritorno in campo del mitico Roger Federer ha subito prodotto un grande fermento tra il pubblico e gli addetti ai lavori. Tennis bello o efficace? Questo è uno dei tormentoni più gettonati universalmente. A mio modesto parere il campione elvetico possiede senza dubbio alcuno un tennis efficace, circa la bellezza non possiedo sufficienti conoscenze per poterla definire in modo oggettivo in termini assoluti.
Del resto, definire la bellezza è quanto si domandava addirittura il sommo Socrate, colui il quale dichiarava di “sapere di non sapere”? Eppure, restringendo il campo delle arti alla sola disciplina sportiva del tennis, ogni dubbio sul secolare dilemma appare invece risolto. Difatti, chiunque abbia visto in azione il mirabolante tennista svizzero è certo di aver trovato l’illuminazione. Possibile che le semplici gesta di un fuoriclasse di racchetta, per quanto immenso, possano rivelare questo infinito mistero?
Ad osservare i commenti presenti nell’ambiente tennistico negli ultimi lustri, da qualsiasi provenienza essi arrivino, pare proprio di sì! Una certezza capace di valicare con la velocità di un twitter le arti e le scienze secolari della storia umana, a tutti gli effetti incapace di certificare in maniera assoluta quanto invece il Signore di Wimbledon è in grado di fare, o almeno così riesce a far credere agli occhi di molti appassionati.
Una verità assoluta, in grado di procurare più di una vertigine, per dirla come Galileo Galilei. Una convinzione, vien da pensare, frutto di un immenso sapere, una sconfinata cultura. In tal maniera, Roger Federer impersona la bellezza grazie al suo favoloso stile. Mi chiedo a questo punto cosa sia lo stile, fattore determinante, causa imprescindibile di così formidabile effetto.
Le ultime evidenze scientifiche illustrano come nell’azione motoria, volgarmente definita nello sport tecnica, siano principalmente tre gli elementi chiave di riferimento. Nello specifico l’apparato visivo, vestibolare (equilibrio), propriocettivo.
A seconda delle situazioni ambientali e le caratteristiche individuali, ognuno si adatta alla circostanza del momento facendo leva in modo funzionale attraverso i tre fattori sopraindicati. Per intenderci, esistono individualità con maggiori risorse visive, anziché vestibolari piuttosto che propriocettive. E più ancora, laddove nell’ambiente ci fosse poca luce, va da sé che l’aspetto visivo tende a perdere efficienza, così come in circostanze rumorose è il fattore vestibolare a risentirne maggiormente, e così via discorrendo sempre a titolo di esempio.
Quanto detto, si intende, è una semplificazione di un processo che in verità non è affatto scontato da capire, e ancor più difficile da descrivere, se mi è concesso. Per cui, le infinite variabili ambientali alle quali è costantemente sottoposto il semplice individuo nel camminare, si moltiplicano nel campo da tennis.
Come si può allora definire questo straordinario processo capace tra l’altro di concorrere all’evoluzione della specie umana? Ebbene, la complessità del fenomeno, dove anche lo stesso individuo non sarà mai uguale a se stesso (comportamento) in maniera precisa due volte nella vita, è stato definito dalla scienza con il termine “stile”.
Un miracolo al quale appartengono molte specie viventi, tra queste l’homo sapiens sapiens. Forse, con tutto il rispetto per Roger Federer, è proprio questa la grande meraviglia chiamata bellezza.