La polveriera. Ecco come il tennis mondiale è piombato nello scontro totale

E’ un momento di caos vero. Il tennis mondiale è una nave che sta pericolosamente affrontando un mare in burrasca e rischia seriamente di perdere la bussola. I protagonisti di questo brutto momento sono molti, ma il volto più noto è sicuramente quello di Novak Djokovic.

Quello tra il serbo e l’Atp è ormai un braccio di ferro che si sta consumando da mesi, il cui esito è ancora un grande punto interrogativo. Dall’inizio dell’emergenza Covid in poi è successo letteralmente di tutto. E benché ilò quadro d’insieme sia ancora poco chiaro alle masse, le conseguenze di tutto ciò potrebbero essere decisamente pericolose.

La bomba Covid esplode (anche) sul tennis

Riavvolgiamo il nastro di qualche mese e proviamo a raccontare questa storia attraverso alcuni passaggi chiave, apparentemente slegati tra loro, ma che si intrecciano inevitabilmente andando a creare quella che potrebbe essere la sceneggiatura di un film. Il primo passaggio, che sta a monte di tutto ciò, è sicuramente lo sconvolgimento portato dal coronavirus. La repentina sospensione dei tornei da marzo scorso in poi, la fuga dei tennisti (Djokovic in primis) da Indian Wells e Miami, il caos dei calendari.

Seguiranno settimane, mesi molto difficili. Con i tornei fermi, molti tennisti “delle retrovie” non sanno davvero come tirare a campare. Il malcontento, soprattutto nei confronti della gestione della situazione da parte dell’Atp, cresce. Le frizioni tra chi, nel Player Council dell’Atp (la rappresentanza dei giocatori nel board), non ha mai digerito alcune liturgie e chi “comanda” crescono in maniera irreparabile.

Il disastroso esperimento Adria Tour

Intanto succedono cose che alimentano la tensione. Su tutte la decisione dello stesso Djokovic – protagonista indiscusso di questa storia – di organizzare, in piena pandemia mondiale, l’Adria Tour, un torneo-esibizione itinerante nelle repubbliche balcaniche, dalla Serbia alla Croazia, dal Montenegro alla Bosnia.

Un’iniziativa dal forte significato politico (Nole non ha mai nascosto la sua nostalgia per la Jugoslavia unita), sia dal punto di vista della diplomazia sportiva, visto che l’Atp non aveva ancora ripreso alcun torneo. Purtroppo per il numero uno del mondo, però, le cose vanno molto male. La mancanza di qualsiasi tipo di precauzione, in campo, fuori dal campo e sugli spalti, fa partire una serie di contagi da Covid che fanno saltare il torneo e fanno finire Djokovic in mezzo a una bufera mediatica globale.

L’Atp storce il naso (per usare un eufemismo), gli altri big pure. Se sommiamo il tutto alle dichiarazioni velatamente No-vax di Novak, il contrasto con l’atteggiamento molto più accorto di Federer e Nadal (giusto per citare due nomi a caso…) è stridente.

La rottura: nasce la Professional Tennis Player Association

In questo scenario, lungo una china che è diventata ormai incontrollata, arriva l’atto di rottura totale: Novak Djokovic e Vasek Pospisil – i due membri dimissionati del Player Council – danno vita ad una nuova associazione di giocatori, la PTPA, in aperta polemica con il board dell’Atp. Riportiamo qui solo alcuni, significativi, passaggi della lettera con cui Djokovic, in agosto, annuncia la nascita della Player Association.

I giocatori non sono considerati e trattati come dovrebbero in questo sistema. Molte volte non ci viene nemmeno chiesto cosa pensiamo e proviamo in determinate situazioni.

E ancora:

I nostri rappresentanti del Board sono quelli che prendono le decisioni e sono scelti da noi, ma è successo parecchie volte negli ultimi dieci anni che su alcune grandi decisioni siano andati contro l’interesse della maggioranza dei giocatori.

E poi un messaggio diretto al nuovo presidente dell’Atp, in carica solo da pochi mesi, Andrea Gaudenzi:

Avevamo deciso di concedere ad Andrea un anno per eseguire la sua missione. Ma come sapete, stiamo vivendo molti cambiamenti da gennaio 2020. Sfortunatamente, molti giocatori (me compreso) non sono contenti del modo in cui la direzione dell’ATP ha gestito la situazione negli ultimi cinque mesi.

E per chiudere:

Amici miei, non ho altro da guadagnare da questo se non promuovere gli interessi dei giocatori e del nostro sport. Spero che capiate e tutti vogliamo che vi uniate a noi in questo viaggio storico.

La lista degli iscritti alla Professional Tennis Player Association è subito ricca e interessante. Tra gli altri, aderiscono Felix Auger-Aliassime, Denis Shapovalov, Diego Schwartzman, Casper Ruud, Taylor Fritz, Cristian Garin e Hubert Hurkacz. C’è anche Matteo Berrettini.

Ma se le presenze sono importanti, a spiccare sono le assenze. In primo luogo quelle di Roger e Rafa. Assenze, questa volta, tutt’altro che silenziose. “Serve essere uniti, specialmente in questo momento, e non separati. E osteggiare l’Atp non aiuta per niente”.

Nole cade a New York (per colpa sua) e a Parigi (distrutto da Nadal)

Si prosegue così, da separati in casa, per i mesi successivi. Dal punto di vista sportivo succede che Djokovic, in predicato addirittura di fare bottino pieno negli Slam (che si giocano appena dopo la nascita della PTPA), fallisca clamorosamente, prima a New York – con la follia della “pallata involontaria” alla giudice di linea – e poi a Parigi dove, nonostante venga considerato nettamente favorito dal suo coach e amico Goran Ivanisevic, subisce una durissima lezione in finale proprio da Nadal.

Si arriva così al finale di stagione. Novak diserta l’ultimo Masters 1000 di stagione a Parigi-Bercy, preferisce prendere parte all’Atp 500 di Vienna, che gli garantirebbe la possibilità di blindare matematicamente la prima posizione del ranking per il 2020 e di raggiungere il record di Pete Sampras. E infatti, succede esattamente così. Djokovic fa il minimo necessario, raggiungendo l’obiettivo e poi scomparendo dal campo nel quarto di finale contro Lorenzo Sonego, in cui subisce la peggiore sconfitta della sua carriera.

Un atteggiamento che piace pochissimo agli appassionati, agli organizzatori del torneo ed evidentemente anche ai colleghi.

Brutto segno, Nadal esce dal silenzio

Non è un caso, infatti, che un personaggio solitamente molto attento e taciturno, che non si sbottona praticamente mai, Rafael Nadal, cominci a criticare platealmente le idee di Djokovic. E qui la nostra storia arriva al presente. Prima la stoccata del maiorchino contro l’idea di portare anche gli Slam al meglio dei tre set, poi l’affondo sulla proposta di eliminare dal campo di giudici di linea:

Certo, dal punto di vista tecnologico sarebbe possibile, e certo, il tennis deve essere riformato e guardare al futuro. Semplicemente non credo che togliere umanità al tennis sia il modo più indicato per migliorarlo, anzi.

E’ un’escalation che arriva ad un livello inatteso. A sorpresa, infatti, Novak Djokovic e Vasek Pospisil – sì, proprio loro, i ribelli – vengono nominati dai colleghi di nuovo come membri del Player Council dell’Atp: “Non ci siamo candidati, siamo stati nominati e accettiamo con entusiasmo. Questa nomina è perfettamente compatibile con il nostro lavoro che portiamo avanti con la PTPA”, risponde Djokovic a chi (per esempio il doppista Bruno Soares, anch’egli membro del Council) ritiene questa sua ultima mossa “un mezzo passo indietro un po’ ipocrita”.

Ma qui arriva il colpo di scena. Il board dell’Atp si riunisce in fretta e furia e approva una regoletta che non ha bisogno di troppo spiegazioni, in base alla quale nessun membro del Player Council può far parte di altre associazioni che abbiano a che fare con il tennis. Un atto di coerenza, secondo Gaudenzi e soci (difficile pensare che prima di approvarla non si sia confrontato con Federer e Nadal), una legge contra personam a parere di Nole.

Il quale, infatti, reagisce in maniera inviperita. “Mi vogliono fuori dal sistema, la mia colpa è che voglio un tennis più giusto non solo per i primi cento giocatori del mondo, ma anche per quelli che vanno dalla 100 alla 5.000”. Frasi che confermano le intenzioni di Nole di esacerbare lo scontro, in una riedizione in salsa tennistica dell’ormai diffusa polarizzazione politica tra élite da una parte e popolo dall’altra.

A cosa porterà tutto questo? Difficile fare previsioni, anche perché lo scenario cambia in continuazione. Potremmo assistere ad un passo indietro improvviso come ad una clamorosa frattura. Quel che è certo è che il tennis mondiale sta vivendo una fase di conflitto forse inedita nella storia e che in questo momento servirebbero più pompieri che incendiari.

Forse è il caso che nella famosa chat a tre tra i giocatori più forti e rappresentativi della storia di questo sport qualcuno cominci ad affrontare la questione seriamente. Altrimenti si rischia di essere travolti.

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