Stefanos Tsitsipas si racconta ai microfoni dell’Atp, dopo la vittoria nel match contro Rublev. L’intervista ha spaziato dalla difficoltà economica degli inizi, al razzismo subito fino alla maturità attuale, passando per la timidezza nelle relazioni.
Prima di Stefanos la Grecia non si è mai interessata molto al tennis. Le difficoltà economiche che regnavano nel paese una decina di anni fa non hanno infatti permesso a Tsitsipas di ricevere finanziamenti per il suo sviluppo sportivo. Le difficoltà economiche sono arrivate ben presto:
“Ripensandoci adesso, sono molto fiero di come ho affrontato la situazione. Non mi sono mai spaventato e ho resistito alle pressioni esterne che in quel momento premevano per farmi lasciare lo sport che amo”.
La famiglia Tsitsipas non poteva infatti permettersi il sostentamento del figlio. Per questo motivo il padre e allenatore, Apostolos, ha subito lasciato il suo lavoro per dedicarsi completamente al futuro del figlio. Aiuti fondamentali sono anche arrivati da una zia materna e da altri parenti che hanno contribuito alle enormi spese sostenute per avverare il sogno del greco. La disoccupazione e le carte di credito esaurite continuavano ad essere comunque una costante nella vita degli Tsitsipas:
“I miei cugini erano disoccupati, i miei zii paterni anche. Non c’erano praticamente entrate per la mia famiglia”.
A pesare ancor più sulle spalle del piccolo Stefanos (come se non fosse bastato essere la salvezza dell’intera famiglia) i commenti razzisti e di odio che lo accompagnavano in tutti i suoi viaggi. Il tutto per il suo paese di origine, la Grecia:
“Mi sentivo di essere giudicato per la mia provenienza, come se questo fosse una colpa. È stato difficile vivere quei momenti perché ero solo un bambino. Sentivo di appartenere ad una minoranza in ogni viaggio che facevo e il mio unico scopo era fargli capire che non avevano ragione. Penso che in qualche modo questo mi abbia reso più forte, mi ha spinto a fare sempre meglio di quelle persone che ti giudicano solo per il paese di provenienza”.
A vederlo nella vita condivisa sui social, nel suo podcast e nel suo blog di fotografia, non si direbbe che Tsitsipas sia una persona timida. Ci pensa lui stesso ad ammetterlo, aggiungendo la sua difficoltà nello stringere amicizie, anche con le persone intorno al Tour.
“Prima di lasciare che una persona possa entrare nella mia vita, devo essere sicuro di avere tutto sotto controllo. Non voglio che una persona qualsiasi possa entrare nella mia vita e possa avere influenza, anche negativa, su di me. L’essere introverso, soprattutto con l’altro sesso, mi ha fatto passare molto tempo prima di riuscire a sentirmi a mio agio nell’esprimere le mie emozioni”.
Si è parlato molto della mancanza di maturità di un giocatore che appena due anni fa completava il primo anno nella top100 e ora lotta ai vertici della classifica mondiale. Stefanos ha sempre dato molta importanza alla sua crescita ed ha detto sicuro:
“Non voglio più essere considerato un bambino. Voglio essere trattato come un uomo. Ho imparato tanto da quando sono nel circuito, sia dentro che fuori dal campo. ho dovuto faticare nelle relazioni ed affrontare molte difficoltà per arrivare ad essere quello che sono oggi. È per questo che voglio essere trattato come un adulto”.
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