Dal Parkinson al tennis, la storia di Andy Wright

La LTA (Lawn Tennis Association) ha prodotto un documentario sulla storia di Andy Wright, un tennista amatoriale che, dopo la diagnosi del Parkinson, è tornato sui campi da tennis.

Andy Wright, dopo un brutto incidente, si è ritrovato con una delle diagnosi più dure per un giovane: il Parkinson. Il ragazzo di Nottingham, come praticamente tutti al suo posto, non avrebbe mai pensato di poter tornare a giocare lo sport del suo cuore. Dopo sei anni dall’incidente, la LTA ha rilasciato il documentario sulla sua riscoperta dell’amore per questo sport e sui benefit fisici derivati dall’attività motoria.

La storia

Dopo un incredibile incidente stradale, i medici si erano subito accorti che il recupero fisico del giovane Andy era strano. Da lì la notizia che aveva sconvolto tutti: Parkinson.

Una diagnosi difficile da ricevere, figuriamoci per un patito di tennis come Andy, giocatore di ottimo livello all’università e, all’epoca dell’incidente, maestro di tennis. La notizia, come ci si poteva aspettare, allontana Wright dal tennis.

La mia reazione è stata fermarmi. Se non potevo allenarmi e migliorare, non volevo assolutamente vedere il mio gioco peggiorare con i peggioramenti del fisico”.

La ripresa

Dal Flo Skate Park di Nottingham, però, Andy torna sui suoi passi grazie ad un amico, che lo riporta sul campo da gioco. Da quel momento l’ex coach è tornato a giocare in maniera fissa, partecipando anche ai tornei organizzati dalla LTA per i giocatori amatoriali. L’ultimo di questi lo ha visto classificarsi al secondo posto.

Ho dovuto aspettare molto prima di riuscire a controllare il Parkinson per tutto l’incontro. All’inizio non riuscivo a sentire i miei piedi ed erano rigidi, ma quando si sono allentati ho ricominciato a sentirmi a mio agio in campo. Riesco anche a vincere tre game contro avversari molto più forti di me. Spesso dico alle persone che mi sento più a mio agio in campo che fuori. A volte non riesco ad avvicinarmi alla macchina con le mie gambe, ma quando sono dentro riesco a correre, saltare e colpire ogni pallina.

Ho capito che l’obiettivo dello sport non è vincere, ma riuscire a divertirsi e a sentirsi bene con se stessi”.

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