Diciamolo, nonostante i motivi per credere che Jannik Sinner potesse battere Rafael Nadal, razionalmente, non erano molti, in fondo c’abbiamo creduto un po’ tutti. Anche gli osservatori e i commentatori più accorti avevano dato una chance al ragazzo venuto dalle Alpi. Una piccola possibilità di detronizzare l’imperatore della terra rossa l’avevamo intravista tutti.
E invece no. Il presente è ancora Rafa. Troppo esperto, lo spagnolo. Troppo interiorizzato in lui il dna del vincente, troppo evidente il fatto che sia in missione con l’obiettivo di sollevare per la tredicesima volta quella Coppa dei Moschettieri che ormai è una protesi delle sue mani così segnate da quindici anni di fatiche ai vertici del tennis mondiale.
Ma se il presente è Rafa, il futuro è sicuramente di Jannik Sinner. Il 19enne di Sesto Pusteria ha fatto vedere, in maniera illuminante – anche per i pochi che non lo avessero ancora capito – il motivo per cui il tennis italiano riponga in lui le speranze di avere quel giocatore in grado di vincere uno Slam che non si vedeva da anni, e perché molti degli uomini e delle donne più esperti di questo sport lo ritengano un potenziale numero uno.
Accelerazioni incredibili, una capacità di colpire la pallina con violenza e precisione fuori dal comune, l’abilità di leggere il gioco e adattarvisi, mettendo in difficoltà l’avversario. Per quasi due set Sinner ha giocato alla pari con Nadal, forse sotto certi punti di vista anche meglio. Nella prima frazione l’ha frenato solo la paura di vincere, affacciatasi nella testa di Jannik solo quando si è trovato a servire per il set. Nella seconda, una serie di episodi sfavorevoli ha girato a favore di Rafa un set in cui l’italiano si era portato avanti di un break. Il terzo set poco conta.
Un 7-6, 6-4, 6-1 che lascia addirittura un po’ di amaro in bocca in questa notte parigina. E già questa è una incredibile notizia, se ci pensate. L’ultimo tennista ad arrivare così lontano alla sua età in uno Slam è stato Novak Djokovic nel 2006, l’ultimo ad arrivare così lontano all’esordio è stato proprio Nadal nel 2005. Se stiamo parlando di un predestinato, ce lo diranno i prossimi tre anni, l’orizzonte temporale fissato dal suo coach-guru Riccardo Piatti per farlo arrivare i vertici. Il lavoro da fare è ancora molto e i margini di miglioramento, soprattutto in alcuni aspetti del suo gioco, sono altissimi.
Ma ci sentiamo già di dire, senza troppi timori di smentita, che la strada sia quella giusta.
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