Diciassette anni fa, nel 2003, conquistava il primo ed unico torneo del grande slam della sua carriera, lo US Open.
Nello stesso anno diventava, per 13 settimane, il numero 1 del tennis mondiale.
Ma facciamo un passo indietro.
L’inizio di carriera, appena 3 anni prima, non era stato per niente facile.
Nel 1999 prende in considerazione l’ipotesi di lasciar perdere con il tennis. Troppe sconfitte a livello juniores.
L’allenatore Tarik Benhables lo convince a continuare a giocare e alla fine dell’anno successivo è il n. 1 al mondo della categoria junior.
Termina il 2000 alla 156^ posizione mondiale, raggiungendo i quarti a Washington e il secondo turno a Miami. In entrambi i casi, ad estrometterlo dal torneo, ci pensa il n. 1 del mondo, Andre Agassi.
Andy non si arrende e continua a lavorare duramente.
Il 2001 sembra il suo anno della consacrazione. Perde tre volte contro Lleyton Hewitt, ma conquista i primi tre titoli in carriera e si prende il lusso di battere Pete Sampras, l’allora n. 1 del mondo Gustavo Kuerten e due volte Michael Chang, ex vincitore del Roland Garros.
Il 2002 segna il suo ingresso in top10, grazie alla conquista di Memphis e Houston (contro Sampras), oltre agli ottimi piazzamenti durante tutta la stagione.
In 3 anni nel circuito Andy è migliorato tantissimo. L’adolescente che sembrava spaventato dal tennis si trova a dominare tra i professionisti, grazie al suo servizio senza rivali e il suo potentissimo dritto.
A 21 anni, nel 2003, arriva il suo anno migliore della carriera.
L’inizio di stagione non è semplicissimo. Perde spesso ai primi turni dei tornei che fino all’anno precedente lo vedevano protagonista.
La svolta arriva a metà stagione, in cui vince il torneo di St. Poulten e il Queen’s, prima delle semifinali a Wimbledon.
La stagione americana è il culmine di anni di lavoro e sacrifici.
Vince ad Indianapolis, raggiunge le semifinali a Washington e poi fa la tripletta: Montréal, Cincinnati e US Open, battendo in finale il n. 1 del mondo Ferrero.
Grazie alla semifinale a Parigi Bercy, il 3 novembre 2003, diventa n. 1 del mondo, al culmine del migliore anno della propria carriera.
Agli Australian Open 2004 inizia la grande sfida con Roger Federer che durerà per 4 anni.
Nel torneo australiano lo svizzero “scippa” la prima posizione mondiale grazie alla sconfitta dell’americano ai quarti contro Marat Safin.
I due si sfideranno tre volte nel 2004, sempre in finale. A Wimbledon, Toronto e Bangkok è Federer a trionfare.
Andy passerà i successivi 4 anni alla ricerca di un risultato soddisfacente contro lo svizzero.
Riuscirà nell’impresa il 3 aprile 2008 ai quarti di finale di Miami. Prima però perde le finali di Wimbledon, dello US Open e le semifinali in Australia.
Dopo le semifinali del torneo di Roma iniziano i problemi alla schiena che ne compromettono la stagione e la carriera.
Nel 2009 riprende la maledizione contro Roger Federer. Si affrontano alle semifinali degli Australian Open e ai quarti a Miami. Il vincitore? Inutile dirlo.
A Wimbledon il culmine della rivalità. Roddick arriva in finale a sorpresa, battendo l’idolo di casa Andy Murray.
Dall’altra parte il solito svizzero.
4 ore e 17 di incontro, un gioco sublime. La grande occasione della carriera c’era pure stata, ma la volée di rovescio lo tradisce sul 6-5 del secondo parziale.
Il risultato finale recita 5-7 7-6 7-6 3-6 16-14 per lo svizzero, che concede un record al rivale americano: il maggior numero di game vinti in finale da un giocatore che esce sconfitto dall’incontro.
Nel 2010 l’ultimo canto del cigno ai due master 1000 americani di Indianwells e Miami.
In California conquista la prima finale dopo 4 anni ad un 1000 (poi persa) contro Ivan Ljubicic, mentre in Florida vince abbastanza comodamente contro Thomas Berdych.
Nel 2011, complici gli infortuni, non riesce a disputare gran parte dei tornei in programma nel circuito.
Il 2012 continua sotto il segno degli infortuni cronici.
Nonostante ciò riesce a conquistare due titoli prima della partecipazione agli US Open, dove scende in campo da 20 del seeding.
Il 30 agosto la notizia inaspettata: il major americano sarà l’ultimo torneo della carriera.
A porre fine alle sue fatiche è un altro ex campione a Flushing Meadows, Juan Martín Del Potro, agli ottavi di finale.
Il pubblico dell’Arthur Ashe saluta con una standing ovation l’ultimo americano a vincere uno slam, che lascia il campo in lacrime.
Ad appena 30 anni e 32 tornei Atp conquistati, Andy Roddick lascia il tennis giocato.
Otto anni dopo quell’annuncio torniamo a parlare di lui il 30 agosto.
Questa volta, però, per fargli auguri.
Oggi sono 38 le candeline da spegnere a suon di soffi vincenti.
Tanti auguri Andy Roddick, uno dei migliori big server della storia di questo sport.