Centrale di Wimbledon, 5 luglio 1980. A sfidarsi davanti la regina un americano ed uno svedese.
Se pensassimo ad una rivalità, non potremmo pensare a nulla di migliore: i due sono completamente diversi, agli antipodi si potrebbe dire.
Da un lato John Mcenroe: americano, mancino, stile di gioco offensivo e carattere focoso, per usare un eufemismo. Dall’altro Bjorn Borg: svedese, destro, probabilmente uno dei migliori difensori della storia del gioco e tenuta mentale da monaco buddista, non lo scalfisce nulla.
Non hanno niente in comune, sono completamente diversi: una rivalità perfetta.
Mcenroe è il tennista in ascesa, pronto a prendersi tutte le luci della ribalta. Vince molto facilmente il primo parziale (61). Tutti i presenti però sanno che Borg è un diesel, parte piano, ma andatelo a fermare quando inizia a giocare sul serio.
Il secondo set gira in un paio di passanti perfetti di Bjorn (75), il terzo va via ancora più facilmente (63).
Lo sapevamo, lo svedese è così. Il primo a saperlo è proprio John dall’altro lato del campo, ma mai dare per finito Mac.
Il tiebreak del quarto set è scritto da un regista di thriller, non c’è altra spiegazione. Il tennis riassunto in 34 punti, ognuno più bello del precedente.
7 match point per Borg, annullati da volée magistrali dell’americano.
6 set point per Mcenroe, annullati dall’altra specialità di casa, il passante.
17-16 Mcenroe, servizio Borg. Serve & volley dello svedese, stop volley risultata vincente in qualsiasi altro match della sua carriera. Nastro. Quarto set a Mcenroe.
John si sentiva già campione, il pubblico credeva di incoronare un nuovo vincitore.
Borg si avvicina mestamente alla panchina, sembra privo di forze. Si chiude in un silenzio assordante nel chiasso del centrale in estasi.
È in quel momento che vince la partita.
7 turni di servizio Borg nel quinto set, punti persi? Solamente due, una divinità greca scesa in terra.
L’incontro non poteva che chiudersi con il marchio di fabbrica, il passante di rovescio. Il risultato finale è 86 per lo svedese, che si lancia in terra urlando qualcosa (che non sentiremo mai per “colpa” del pubblico in estasi, ma come dargli torto).
Era il quinto successo a Wimbledon dello svedese; per Mac il primo tentativo fallito di colpo di stato: la corona era ancora sulla testa del re svedese.
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