Per due anni, tra il 2017 e il 2018, non c’è stata discussione. Il più attrezzato, il più quotato, il più vicino ai tre grandi, tra i giovani del tennis mondiale, era lui, Alexander “Sascha” Zverev. I cinque titoli nel 2017 (di cui i Masterso 1000 di Roma e Montreal), e i quattro nel 2018 (di cui il Masters di Madrid e le Atp Finals di Londra), sembravano averlo definitivamente lanciato verso l’olimpo mondiale. Mancava solo uno Slam.
Poi, nel 2019, l’inaspettata battuta d’arresto, l’involuzione tecnica e mentale. Un bottino magro, magrissimo, quello dello scorso anno. Altro che titolo Slam. Un solo torneo vinto (a fatica), il 250 di Ginevra. Due sole finali raggiunte, ad Acapulco e Shanghai. Nei Major nessun progresso: fuori agli ottavi a Melbourne e New York, fuori addirittura al primo turno a Wimbledon. Il miglior risultato del 2019 sono i quarti (già raggiunti l’anno prima) a Parigi.
Decisamente troppo poco. E a fianco di questa parabola discendente nei risultati, arrivano i problemi dal punto di vista delle tenuta comportamentale. Il ragazzo che sembrava di ghiaccio comincia a scricchiolare, a far vedere tutte le sue debolezze, dentro e fuori dal campo. Le racchette rotte non si contano più, si comincia a parlare dei problemi sentimentali, del padre malato e chi più ne ha più ne metta. Anche Ivan Lendl, accolto come colui che avrebbe salvato il “futuro numero uno del mondo” getta la spugna.
Nel frattempo, di fianco a lui, crescono i suoi giovani concorrenti. Daniil Medvedev e Stefanos Tsitsipas, oltre ovviamente a Dominic Thiem, prendono sempre più la scena, relegando il tedesco a ruolo di comprimario nel gruppo dei “golden boy” del tennis mondiale. E lui sembra patire tutto questo, proponendo un gioco sempre meno incisivo e sempre più vecchio e stantio. Ogni tanto fa impressione pensare che stiamo parlando di un ragazzo di soli 22 anni.
In chiusura di stagione, arriva la decisione che fa discutere. Dice no alla partecipazione in Coppa Davis con la sua Germania, per unirsi al tour di esibizione in America Latina di Roger Federer. Una scelta che ha le sue ripercussione positive dal punto di vista mediatico – con Zverev perfettamente a suo agio nel ruolo di sparring partner – ma che non risolve, anzi complica, i suoi crescenti problemi tecnici.
E appena il gioco si fa duro, con l’Atp Cup in Australia, tutti i dubbi e le ombre tornano a galla. Prima la sconfitta all’esordio in tre set contro Alex De Minaur, poi il tracollo contro Tsitsipas e contro Denis Shapovalov. Tre partite, tre sconfitte, e la Germania a casa. Tre partite che hanno messo in mostra tutta la fragilità del tedesco, il ragazzo che doveva dominare il mondo e che invece si ritrova prigioniero di un presente troppo brutto per essere vero.
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