Perché nel tennis quando la pallina in servizio tocca il nastro si dice “let” (e non “net”)

“Let” nel tennis è un colpo nullo. Spesso in Italia si corre nell’errore di confondere “let” con “net”. Un errore comune, in quanto nella maggior parte dei casi il “let” coincide con il tocco della rete, che in inglese si dice “net”.

Perché il colpo nullo si dice “let”?

La spiegazione può essere duplice. Potrebbe derivare dal verbo to let , vale a dire lasciare. Ma c’è chi sostiene che possa venire dal sostantivo “let” che, anche se non molto utilizzato, significa anche ostacolo o impedimento. Senza inoltrarci troppo in una questione storico/linguistica il “let” è un punto nullo. L’arbitro chiama il “let” quando un ostacolo impedisce alla pallina di raggiungere un punto specifico.

Il caso più comune di “let” è il servizio. Quando un tennista serve, nel caso in cui la pallina colpisce la rete per poi atterrare nell’area di servizio il punto si annulla. Il battitore tornerà a servire e si ricomincia. Mentre se colpisce la rete e la pallina non atterra nell’area di servizio sarà un fallo (primo fallo o punto per l’avversario). Una regola che l’Itf sta cercando di modificare, e in alcuni tornei di doppio ha già introdotto. La nuova regola, che ripetiamo non è in vigore nei singolari e in gran parte dei tornei di doppio, prevederebbe che il ribattitore, cioè colui che ribatte il servizio, debba giocare comunque la palla che ha toccato la rete. Sempre che la stessa sia caduta dopo il tocco nell’area di servizio. Sarebbe una rivoluzione.

Ci sono altri casi più rari in cui l’arbitro può chiamare il “let”. Ad esempio se un giocatore colpisce l’arbitro, i raccattapalle o i giudici di linea. Certo non se sono a bordo campo, ma ad esempio nel 2010 è successo che su un servizio di Roger Federer l’avversario abbia colpito il piede dell’arbitro che a sua volta ha chiamato il “let”. Alle perplessità di Federer l’arbitro ha spiegato una regola abbastanza rara e poco conosciuta, anche dai campioni.

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